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Il momento di passaggio fra minibasket e basket rappresenta probabilmente uno dei momenti chiave nell’evoluzione di un atleta ed è infatti nel corso di questa transizione che viene rilevato il maggior numero di abbandoni spontanei.
E’ ragionevole credere che nella grossa percentuale di abbandoni sia compreso un considerevole numero di potenziali atleti di rilievo che non verranno purtroppo mai scoperti e che questa problematica rappresenti probabilmente la prima causa della bassa percentuale di talenti espressi.
Il minibasket è un gioco-sport riservato ai bambini dai 5 agli 11 anni, ed è un mezzo di educazione motoria e sportiva con propensione alla dimensione sociale. I fondamentali dello sport della pallacanestro vengono destrutturati e semplificati fino ad arrivare ad essere insegnati sotto forma di gioco. Le regole sono presentate progressivamente ed il regolamento viene appreso giocando. In alcuni casi gli istruttori di minibasket arrivano alla condizione di reinventare o semplificare le regole per rendere più fruibile il gioco ai bambini.
La pallacanestro giovanile, seppure lontana dai concetti evoluti di agonismo e fisicità propri delle squadre impegnate nelle categorie più avanzate di gioco, è fondamentalmente distante da quanto il bambino ha vissuto negli anni di minibasket; senza una dovuta attenzione al cambiamento di vita sportiva il rischio è che il cambiamento stesso venga visto e vissuto come uno scoglio duro da superare e che si manifesti uno scarso interesse nel “nuovo” sport, il cui culmine potrebbe essere l’abbandono dello sport stesso.
Per analizzare le differenze fra i due mondi sportivi è utile riflettere sul fatto che il bambino nel minibasket è il centro del gioco e che il gioco stesso è godibile proprio perché avulso dai concetti di agonismo che gli allenatori, gradualmente, introdurranno negli anni a seguire.
Appare evidente quindi come uno degli indirizzi principali che l’allenatore deve seguire è quello riguardante la coniugazione dell’aspetto ludico e coinvolgente del gioco con l’insegnamento della tecnica: sarà fondamentale quindi progettare i piani di allenamento tenendo presente questo fattore e l’aspetto correlato alla incompletezza fisica degli atleti.
E’ proprio nella fascia di età immediatamente successiva al minibasket infatti che avviene lo sviluppo vero e proprio del corpo (fase prepuberale).
Le differenze fra gli approcci metodologici utilizzati nel basket rispetto al minibasket sono proprio relative alla capacità condizionali e coordinative ed al loro sviluppo.
Le capacità coordinative dipendendo strettamente dallo sviluppo del sistema nervoso centrale (quasi completamente formato già dai 3 anni di età): è infatti estremamente proficuo lavorare durante il minisbaket su queste capacità in quanto l’individuo attraversa una fase di ricettività che non attraverserà mai più nell’arco della propria vita.
E’ da considerare invece è poco produttivo lavorare, sia nel minisbasket che nei primissimi anni di basket giovanile, sulle capacità condizionali. Queste dipendono da strutture fisiche (apparati) in via di formazione (scheletrico, muscolare, cardiorespiratorio ecc.), strutture quindi che si troveranno a variare nel giro di pochi mesi o di un paio di anni, strutture ed apparati che includono arti che cambieranno sensibilmente la loro lunghezza con il risultato di constatare variazioni di leve e forze in gioco: si otterrà una conseguente, percettibile, variazione del livello della prestazione dell’atleta.
Molto spesso l‘incompletezza fisica causa movimenti scoordinati e difficoltà nell’esecuzione dei gesti atletici con la conseguente demotivazione.
L’insoddisfazione del giovane nasce infatti dal non riconoscersi in quel contesto sportivo proprio in considerazione del fatto che, solo pochi mesi prima od al massimo nella stagione cestistica precedente, i movimenti che appaiono in quel momento come un problema, erano di sua piena padronanza.
Le logiche comportamentali del minibasket molto spesso cozzano con gli atteggiamenti che si cercano di stimolare nella pallacanestro avanzata. Un esempio lampante è quello della collaborazione: spesso i bambini giocando tendono all’egoismo se hanno la consapevolezza di primeggiare sui propri compagni ed altrettanto spesso è possibile, paradossalmente, rilevare la tendenza dei meno bravi ad affidarsi completamente, inseguendo la soddisfazione per l’eventuale vittoria, ai compagni migliori finendo così per essere rinunciatari nel gioco e per contravvenire a principi quali iniziativa di gioco personale e lettura della situazione che sebbene siano concetti avanzati di gioco potrebbero essere stimolati anche nei primi anni di sport.
Un ulteriore aspetto che va gradualmente introdotto è relativo al tempo di gioco di ogni giocatore: in questo sarà necessario far capire che l’allenatore è chiamato ad operare delle scelte in base alle situazioni di gioco che debbono prevalere sul desiderio (“egoismo”) del singolo.
Proprio per questo è consigliabile, nel corso degli allenamenti, far vivere delle situazioni di gioco ai ragazzi senza insistere sui concetti chiave che saranno invece focalizzati più avanti e molto gradualmente. E’ consigliabile quindi generare situazioni di gioco di 1 contro 1 o di soprannumero così da allenare la percezione della pressione degli avversari e la gestione del momento di gioco pur senza dare troppe regole rispetto alle scelte da operare. Questo consentirà di evitare che i giovani possano sentirsi troppo imbrigliati visto che sono già impegnati a confrontarsi con quella che per loro è considerabile come una condizione di stress.
Riuscire nell’intento di far vivere gli esercizi di allenamento relativi alla tecnica (ed esempio palleggio e passaggio) come un gioco od una sfida divertente fra singoli o fra gruppi di giocatori aiuterà senza dubbio a sviluppare l’agonismo e migliorare la tecnica di gioco senza dipingere però la pallacanestro “dei grandi” come un lavoro od un momento stressante della giornata.
Per un passaggio diluito fra minibasket e basket è consigliabile progettare gli esercizi con la finalità di sviluppare i concetti chiave del gioco di squadra:
- esercizi il cui obiettivo finale è il tiro eseguito solo dopo un determinato numero di passaggi aiuterà a sviluppare la cooperazione,
- esercizi di gioco 1 contro 1 a tutto campo possono essere utili allo sviluppo della percezione dello spazio disponibile per se stesi ed in riferimento ai compagni: concetto di spaziature,
- esercizi di gara, sfida fra giocatori, stimoleranno l’agonismo con l’obiettivo di generare nel carattere del giocatore un atteggiamento combattivo, mai rinunciatario, orgoglioso in senso positivo rispetto al gioco ed al suo risultato.
La lettura delle situazioni di gioco andrà allenata e corretta gradualmente ricordando sempre che il giovane è piuttosto disabituato alla correzione e che tenderà a vivere come un forte rimprovero molti dei consigli e degli indirizzi tecnico comportamentali impartiti dall’allenatore.
Particolare attenzione va posta anche ai carichi di lavoro applicati visto che, sia per tempo di ogni seduta di allenamento che per sforzo fisico, il minibasket differisce considerevolmente dal basket giovanile.
Per concludere con un indirizzo generale le riflessioni sopra esposte è possibile dire che tutte le esercitazioni progettate dall’allenatore nel periodi di passaggio fra il minibasket ed il basket giovanile, dovrebbero tendere a sviluppare le capacità attenzione, la capacità di osservare, la capacità di leggere la situazione per poter quindi dare la risposta più adeguata.
Risposta, questa, che non deve essere fornita dall’allenatore ma deve essere ricercata dal ragazzo in base alle proprie esperienze di gioco vissuto. L’allenatore capace è quindi colui che sa creare durante le esercitazioni, le situazioni di gioco più adatte ad indirizzare il ragazzo verso le risposte più adeguate: utilizzando il confronto, le domande e stimolando il ragionamento.
Massimo Soldini
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