Cronaca da un corso FIP (istruttore giovanile 2018)

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Giorno 1
Tutto mi ricorda molto il servizio di leva militare.

Si parte con gente della tua zona, della tua regione almeno: si arriva, c’è il processo della vestizione, della consegna di tutto il materiale insomma e la costante è che le taglie sono comunque tutte sballate. Poi ti tocca sistemare tutto nell’armadio, poi conosci meglio il compagno di camera che qui almeno è uno solo. Funziona tutto ad istruzioni impartite ed in qualche modo con uniformi da vestire. Si fa la coda in ordine alfabetico per tutto. Tutto. Si, è come in caserma, ne sono convinto.
Giorno 2
È sempre più servizio di leva. Ti svegli alle 6, mangi solo se sono arrivati tutti, mangi poco e male, lavori tutto il giorno ed appena hai 2 minuti cerchi di riposare o dormire.
I più anziani sono i più organizzati, ordinati e puntuali, si vede ad occhio e subito. Io sono fra loro, le nuove leve invece sono sciatte e disordinate.
Sorpresa! Il campo è a 4 km e noi siamo venuti in treno: avrebbero potuto avvisarci prima ma la federazione è così: del resto ci hanno chiesto le taglie per il vestiario e poi ce le hanno date tutte sbagliate.
“C” è un ex professionista ora “vecchiotto” anche per scelta. Ci insegna tutto, anche a pisciare.
Ma tutto questo secondo lui, ovvio, che è un uomo buono e generoso anche se a volte è troppo convinto d’avere in tasca tutta la verità. Ha avuto operazioni a tendine di Achille e legamenti, è alto più di 2 m e nel letto non c’entro nemmeno io; penso a come lui non riesca a dormire. È buono e da consigli a tutti ma alla fine nonostante il rispetto dei formatori per lui, a tratti, più che meno preparato di noi pare meno avvezzo a tutte quelle pratiche e fissazioni che invece sono richieste dalla federazione (Che si atteggia sempre più ad una setta).
La strada per il campo è assolata e deserta, resiste solo una prostituta sempre intenta a mettersi su la crema protettiva. Sulla strada del ritorno, alla sera, noto che di sfondo alla strada appena riasfaltata c’è un mostruoso agglomerato di case popolari, proprio lì appena lasciato il palazzetto che è di serie A e ci gioca Brindisi, ma che dal vero è deludente come la cucina di questo posto: quando arrivi ti ammalia con la piscina ed il verde che sono entrambi più piccoli, e di molto, di quello che si era visto in foto sul sito web.
Nel silenzio dei pochi minuti di pausa dopo pranzo, preparando il piano allenamenti, Jacopo dall’altra stanza, parla a voce alta dell’assoluta necessità di inclusione del prosciutto cotto nell’insalata di riso che abbiamo appena mangiato. Seguono bestemmie in dialetto viterbese.

Giorno 3
Mi piace l’odore di casa,  l’odore che sento quando metto su una maglietta pulita o mi asciugo il sudore con l’asciugamano in microfibra tecnicissimo che abbiamo comprato in Australia, da Lone Dingo, che cazzo di negozio, zeppo di roba pro per il campeggio: uno di quei negozi dove passeresti ore a curiosare.
A colazione si va veloci perché poi si rientra in stanza per le ultime operazioni e via al campo.
Oggi tirocinio super e mi sento accaldato ma più leggero.
Molti hanno rivisto se stessi come giudizio, anche i giocatori professionisti. Si cresce sempre. Io non devo abbassare la guardia o cedere alla stanchezza. Me lo ripeto sempre perché attraverso momenti di down fisico e mentale. Essere stato in esercito in situazioni seriamente strutturate e complesse aiuta.
Sono felice per i complimenti dei miei compagni di gruppo che ora mi guardano diversamente.: prima al vecchio non gli davano una lira di fiducia.
I pasti sono un’esperienza pre morte: anche in questo aver fatto il militare aiuta: prendere quel che di decente passa perché la prossima portata potrebbe essere anche peggiore, appena possibile dormire, anche 5 minuti soltanto.
Giorno 4
Oggi ci siamo svegliati tutti più stanchi.
Accumuliamo stanchezza e dubbi. Dubbi anche sul quadro in camera mia. Una scena controversa fra sesso e protesta sociale (vedi foto). Cos’è, lei protesta per i cavalli e l’incendio e lui le dice qualcosa tipo: ma lascia perdere, scopiamo, ed infatti sta li che come un cane cerca di possederla strusciandosi sulla gamba ?
Cibo sempre meno: stamattina nemmeno il pane. Senza pane e burro è legale fare attività fisica?
Giorno 5:
Perché la sera tornando in hotel si sente puzza di sterco in tutta l’area?
Perché la mattina non c’è più pane a colazione? Chi sa qualcosa di quei roghi che vediamo in lontananza nei campi, in piena notte, quando fumiamo fuori dal balcone parlando da una stanza all’altra come le vecchie di certi quartieri a Roma?
Chi era e cosa faceva quel tipo che abbiamo visto tornando dal campo, tutto vestito di panni pesanti, accerchiato dal personale del 118? Sembrava un pastore del presepe.
I dubbi aumentano al susseguirsi delle lezioni fra tecnica, tattica, dinamiche di hotel e vita campestre.
Giorno 6:
Oltre ai dubbi aumentano gli infortunati: siamo a 8 su 14 e mi riferisco al solo gruppo D, il mio.
Il dottore la fa da padrone. E poi: che cazzo conteneva il cerotto che hanno incollato sulla schiena di P: dice che ha bruciato 48 ore. Intanto, ancora roghi sulla strada di ritorno.
Finirà mai la contrattazione fra Mario ed Alessio ?
Ah, sono fra quelli ancora in piedi e sono fra i più vecchi del corso. Soddisfazione, scaramanzia.
Terribile la visione dei palazzoni popolari sulla strada del ritorno, ci penso su ogni giorno: troppo cemento, troppo grigio, troppo squadrato. Mi paiono i palazzi che facevo io con le costruzioni da ragazzino.
La notte ho la sindrome dell’hotdog: sarà il peso eccessivo oppure sarà il materasso troppo morbido ma fatto sta che mi sento avvolto ai lati, come un hotdog appunto.
Oggi siamo tutti a terra fisicamente e psicologicamente.
Qualcuno ha accennato una crisi di pianto: poi dice che il corso non è duro. Frustrazione, stress e nozioni da apprendere di notte o dopo 4 ore in campo ed altre di teoria. Se non ci provi non puoi saperlo né tanto meno giudicare.
A Fabio stamattina non è partita la macchina. Ci penso io con i cavi che essendo nuovi, “di sicurezza”, non fanno contatto ed ho stupito tutti con la soluzione di far tenere il gas alto per aumentare la tensione fornita.
Fine giornata: infortunati totali incalcolabili; ormai anche fra la “semi nazionale”, la squadra dei corsisti fatta da giocatori ancora in attività, fatta  di gente invasata che ha costituito la squadra utile a dimostrare gli esercizi durante le lezioni, si contano parecchi infortunati.
Alla fine son sempre il meno peggio ed ho in media 20 anni più degli altri. Mah
Un paio hanno pianto fra stanchezza e frustrazione.
Giorno 7
Il tirocinio non è andato benissimo ma nemmeno troppo male. Siamo tutti stanchi e spesso sbagliamo in campo finendo per incasinare i colleghi.
Domani giorno di riposo, stasera invece colloqui individuali A PARTIRE dalle 21.45, per gradire.
La sera forum cestistici nella mia stanza, ma sempre dopo i consigli dai balconi. Il nostro è un gruppo poco atletico e vecchiotto ma siamo unti e si ride. Ogni pasto tutti insieme, in campo ci si aiuta, è un buon clima.
Per domani i più giovani si stanno organizzando per mare ed altre attività ma stanno sottovalutando le riflessioni che porteranno i colloqui di stasera.
Io riposerò, laverò i panni, fumerò un sigaro per festeggiare il giro di boa del corso.
Coraggio: ce ne vuole parecchio.
P.S. ma i toscani quante scarpe si sono portati?
P.P.S Ci cambiano formatore, ci tocca un toscano preparatissimo che la mattina si sveglia alle 5 e si fa qualche km di corsa prima della nostra giornata: no, non possiamo prenderlo per stanchezza.
P.P.P.S A pranzo l’acqua minerale è di Castrocielo. Tuffo al cuore: casa mi manca da morire.
Giorno 8
I colloqui di ieri sera hanno lasciato il segno come avevo previsto: tutti i giudizi mi paiono livellati verso il basso. Qualcuno peggio e ci è rimasto male. La sensazione è che nessuno sia sincero nel raccontare davvero cosa gli è stato detto.
Io mi aspettavo meglio soprattutto per il primo tirocinio, ma comunque sono sopra la sufficienza. Mi sembravano le schede delle elementari: “l’allievo si impegna ma può fare di più”, ma stavolta non sto qui a chiedere a mia madre se me la legge a voce alta per compiacermi (si, sul serio, lo facevo).
Dopo cena c’è stato gruppo come non era mai stato: parlare di viaggi, famiglia, cucina e ristoranti con P, giocatore di serie A, fa strano e porta tutto a livello più normale anche se poi lui ha aneddoti con gente nota ed io no. Alla fine è un ragazzo semplice ed alla mano come non sembra: di negativo c’è solo quell’aurea di super uomo che gli riconoscono solo i formatori. Purtroppo ed ingiustificatamente.
A cena boh: abbiamo tutti il cagotto e la maggior parte sono usciti per andare a bere qualche birra. Sarà che sono tutti più giovani, ci sto bene ma insomma di tirar tardi in birreria a vederli strafare per gioco non mi va per niente. Meglio un amaro, un po’ di internet, un sigaro e tanto riposo.
Sarà una settimana nella quale dare ancora una volta tanto. Tutto.
Lauto pranzo di pesce al ristorante il Trullo. Memorabile pepata di cozze con bruschetta, tagliolini agli scampi, frittura.
Pieni come un uovo e stanchi persi rientriamo accaldati in hotel. Mario dorme ed Alessio rischia di farsela addosso, Francesco è teso con la ragazza al telefono. Io durante il pranzo canticchiavo quelle canzoni italiane anni ‘60 e ‘70 e mi veniva in mente che dovrei farne una raccolta, che mi manca tanto la musica. No, lo ripeto: mi manca casa. Vorrei essere a casa.
Scrivo qualche riga aspettando il sonno del pomeriggio, sono stanco, mi si lucidano gli occhi, penso al piano allenamenti da fare, mi pare ora tutto in salita. Ho fatto di peggio, molto, eppure ora sono stanco e sotto stress: per giudicare o semplicemente capire tutti dovrebbero provare come girano le cose qui durante questi corsi.
Si muore da soli, è sempre vero, inutile pensare a chi potrebbe capire, comprendere, all’empatia. Devo farcela, non so altro: devo combattere.
Intanto dopo 2 giorni è finita la battaglia con la mosca ed è finita lì fra finestra e tenda.
Prosegue però quella col cagotto anche complice il mega pranzo di oggi. Imodium salvami tu. P si è bevuto 1 litro di acqua in 10 minuti mentre provavamo a ragionare sui blocchi del piano allenamento.
Giorno 9
C’è scirocco ed il cielo è incupito. Mi sono svegliato nervoso e pensieroso. Il mio piano alla luce delle correzioni del nuovo formatore non mi convince più ma poi per una variazione di programma non dovrò presentarlo. Da una parte meglio così anche se avevo un po’ di margine per correggere in corsa. Spero nel prossimo argomento che in teoria mi piace anche se è complesso.
A pranzo ho salvato la vita ad uno. Allergico al merluzzo: hanno servito surimi e nessuno sapeva contenesse merluzzo e non polpa di granchio come molti credono. Io lo sapevo per esperienze in cucina. Meno male
Cena: il pollo è crudo e puzza. È arrivato con una ventata di cattivo odore. In tanti lo abbiamo mandato indietro. La giornata sarà ricordata come “la protesta del pollo”. Peccato perché le penne alla bolognese non erano proprio da buttare. Oppure ci accontentiamo un po’ di tutto?
Giorno 10
Il nuovo formatore è collaborativo e gentile. Avrei voluto fare meglio per tornare al livello del primo tirocinio ed invece mi sento in calo. Devo cercare di progettare con maggiore  sicurezza il piano, volendo potrei dire con presunzione positiva. Devo pensare meno ed agire di più. Mancano pochi giorni, devo resistere, non calare. Dimostrare chi sono e quanto so. Senza paure anche se gli errori dei compagni e le situazioni da controllare sono tante. I formatori si contraddicono spesso, a parole e nei metodi. Nelle loro dimostrazioni fanno quanto poco prima hanno corretto. È assurdo e frustrante.
La fame è sempre tanta, caffè solubile consumato oltre che per la metà, troppe sigarette ma è il modo di reggere. Almeno per ora.
Pensare meno, più sicuro di me, fermare meno gli allenamenti dando correzioni volanti, fermando solo se necessario. Essere ricettivo e positivo se il formatore mi ferma o fa domande.
Poi ad un certo punto durante la lezione del pomeriggio il cielo si è fatto scuro e pareva pieno che dovesse esplodere. Si è rotto poco dopo piangendo tutta la nostra stanchezza di questi giorni. Mezz’ora di pioggia forte e fresca a mediare un po’ tutto.
Voglio interpretarlo come un messaggio dal cielo. In tutti i sensi
Cena fuori tutti insieme. Bel clima ma siamo tutti molto molto stanchi. Credo si sia creato un bel gruppo.
Giorno 11:
Si tira avanti fra mal di testa, scarso cibo e cagotti. Il clima è buono, da squadra vera, ci si sostiene ma qualcuno crolla. Ha senso tutto questo stress psico fisico?
Giorno 12
Siamo cadaveri vivi. Stanchi e dimagriti. Ieri sera abbiamo fatto tardi per preparare l’ennesimo piano allenamento e stamattina molti non sono scesi a colazione per copiarlo in bella copia. Lezioni noiose, pesantissime, infortunati a raffica. A pranzo cibo spazzatura e molti come noi sono rientrati senza mangiare e protestando.
Nel pomeriggio una tromba d’aria ha infuriato sul palazzetto svegliandoci un po’ fra fischi del vento e alberi spezzati. Paura per le macchine.
Quella di Alessio è salva per pochi metri da un ramo caduto poco più in la.
Problemi fortissimi da lavoro: penso che avrò seri e grossi problemi anche al ritorno. Cerco di non pensarci ma è impossibile, purtroppo. La rabbia, la frustrazione si impennano. Le bestemmie anche.
Al rientro in hotel, oggi per fortuna qualche minuto prima, mutande e magliette stese sono volate decine di metri mescolando gli indumenti di diverse stanze. La gente va in giro nel buio cercando la sua roba, io fumo in balcone godendomi la tempesta.
Molti sono stanchi e mezzi malaticci, compreso me. Ma si può stare così a nemmeno 2 giorni dall’esame?
Devo resistere e non buttare l’ultima occasione del tirocinio e poi le prove d’esame che saranno toste.
A cena saremmo voluti uscire ma arriva un altro temporale: me ne godo l’inizio fumando in balcone.
Giorno 13
Oggi giornata più leggera. Ieri essere andati a dormire alle 22.30 non dovendo fare un piano allenamenti ha aiutato a recuperare energie.
Colazione in camera con le ultime merendine, il tirocinio è andato piuttosto bene, la giornata scorre lenta e tranquilla visto che ci liberano per le 12 e che ci rivediamo alle 16 per la lotteria degli argomenti di esame.
I miei non sono semplici ma nemmeno i più temibili, forse. Siamo tutti stanchissimi e si crolla fisicamente facilmente.
Spirito di squadra alto, stanchezza pure, volata finale.
Sorpresa: stasera la cena in hotel è decente! Che le proteste abbiano sortito effetti?
Giorno 14
Oggi è il giorno degli esami e stranamente siamo tutti più tranquilli. Forse è la voglia di liberarci, non so.
Prova scritta al mattino con la solita disorganizzazione Fip, 2 prove pratiche per me nel pomeriggio.
La notte è passata tranquilla ma Z era ansioso ed ha passato ore a camminare avanti ed indietro rileggendomi i fondamentali cestistici con e senza palla, peggiorando  il suo stato d’animo ogni volta che, interrogandomi, mi scopriva preparato su qualcosa che invece lui non ricordava affatto.
Sveglia alle 6.30, così ripassiamo i piani, visto mai che ci prendessero dei dubbi su cavilli tipo posizione delle mani oppure dei piedi? Tanto è su questo che poi stanno attenti.
Al mattino, al campo c’è un buon clima anche se il carattere del nostro nuovo formatore è ignoto: non interviene mai, non commenta ed a tratti ci da le spalle. La sensazione è che il voto sia già deciso e che questi esami servano ad alzare oppure abbassare, di poco, il voto già deciso. In parte è buono, in parte no, è ingiusto.
 In una  azione di difesa mi sono stirato il bicipite femorale: perché cazzo mai P è partito a razzo? In genere ci si regola, ci si contiene, soprattutto se lo scontro è fra età o condizioni atletiche differenti.
Sento come una coltellata sul retro della coscia, mi fermo, deciso che non rientrerò più in campo, che 14 giorni sono sufficienti, che ho retto più di quelli più giovani, che sono orgoglioso, orgoglioso e stanco.
Sento che la battaglia scorre, che il mio duello incombe e mi sento come al solito in occasioni simili: ascolto il suono della battaglia, i rumori, so che devo andare, non mi tiro indietro. Sono freddo e senza paura, ho ascoltato la solita canzone come prima di ogni esame. Ora sono pronto.
Talmente tanto pronto che dopo pranzo ho dormito. Prima P, poi Soldini: 16:30 è il mio orario.
Comincio, vado spedito, il formatore mi ferma solo per una domanda: lei ha consegnato i suoi piani allenamento? Oh cazzo, ecco cosa manca! Mi fermo, serafico, li prendo, glielo do in mano, lui controlla e sorpresona:  i piani sono buoni e congruenti con quello che sto dicendo da 10 minuti duranti i quali non capisco se lui è stato assente, distratto o che cazzo altro stesse facendo.
Fatto sta che non mi ha fermato, che lui è li fuori dal campo ed in campo c’è la mia squadra ed io sono un allenatore. Sai che cosa devo fare? Quello che faccio sempre: allenare.
E procedo, e non mi fermo, ed alleno. Poi finisce tutto e sento un grosso vuoto dentro, un senso di soddisfazione e liberazione. Gli altri mi abbracciano e mi danno il 5. Io sorrido, mi pare di vedermi da fuori, mi asciugo il sudore col mio asciugamano arancione, mi faccio il segno della croce: guardo su, saluto mio padre.
Il resto è liberazione ed occhi lucidi, i tirocini cercando di motivare i compagni a rischio, aspettandoli sulla panchina di quel campo di serie A che in tv tanto ci fa sognare.
Poi è cena fuori, di tutti i gruppi anche se qualcuno deve dare l’esame il giorno dopo. Siamo  a piazza mercato, che di giorno è un mercato e di sera è una zona coperta con tanti tavoli e camerieri. È festa, cori e birra fino alle 2. Ma faccio il bravo, tengo su la guardia, vigilo su tutti i miei compagni, bevo poco, voglio tornare, fumare un sigaro, dormire, pensare a casa, a mia madre, a mia moglie.
Prendo sonno bene, fregandomene del lavoro, determinato come un bastardo, più forte del resto.
Mi sento bene, sono in vetta, ho fatto tutto e tutto bene, sono consapevole di aver fatto il mio meglio, che comunque vada ho fatto gruppo, conosciuto gente formidabile, dato loro qualcosa, ricevuto tanto. Tutto questo mi ricorda ancora il servizio di leva e so che seppure tanto più breve,  mi lascerà legami importanti.
Ho visto lacrime e sudore, tremori e presunzioni, pressioni, stanchezza, problemi, timidezza, giocatori professionisti e umili, gente spocchiosa, gente raccomandata. Situazioni delle quali potrei scrivere per altri 100 giorni.
Ho visto tanto, ho visto tutto: ho gli occhi pieni, voglio tornare a casa.
Giorno 15
Stamattina solo 3 da esaminare. Un bocciato dello scorso anno e 2 dei nostri fra i quali P che sono felice ed orgoglioso di aver conosciuto. Puzza di alcol ma agli esami va spedito come un treno. Poi c’è spazio solo per i saluti di rito, per gli abbracci e qualcuno commosso.
È vero che molti rimarranno in contatto, oggi è più facile che allora al servizio di leva:ì;ci riuscimmo con i miei compagni di scaglione, oggi è più facile e poi il nostro gruppo è quasi tutto della regione Lazio, per cui è davvero più facile.
Gente da tutta Italia, mescolati in gruppi creati con logiche territoriali, più o meno, molto più o meno. Uniti da una forte passione comune, stressati, stanchi, sudati ma tutti uniti fra risate, nervi da tenere saldi, spirito di vera squadra che solo che chi ha assaggiato per anni lo sport a livello agonistico sa riconoscere.
Io e Francesco siamo gli ultimi a lasciare l’hotel e non vederlo animato, pieno di persone che corrono, fanno, bestemmiano, infamano, protestano e si preoccupano mi fa sentire ancora una volta quella sensazione del “mercato che chiude” che diceva Pasolini.
Ho fissa l’immagine li alla reception, l’immagine di me che pago il conto e della tipa che mi chiede se voglio porta via un po’ della roba dimenticata: ciabatte, bottiglie vuote, altre piene di acqua o di birra, magliette. Non ci conosciamo tutti, vendiamo tutti da posti diversi e forse non ci vedremo più, perché questa è la verità. Lei mi guarda attonito con la faccia da pesce.
Il bus ci tradisce e per andare in stazione chiamiamo il taxi convenzionato con l’hotel. Siamo io, Francesco ed un ragazzo di Ferrara molto stupito per le cose ed i posti che conosco di Ferrara. Ma io ho girato, io sono vecchio ragazzo mio. Sorrido anche se sono preoccupato per il lavoro.
Laura Mi tira su al telefono, mi sento meglio: il sole è alto e forte, picchia duro sulla testa.
Cuocio qualche minuto mettendo a posto le idee, incasellando.
Arriva la macchina e ci sistemiamo. La radio passa la stessa canzone che passava  quando siamo arrivati con l’altro taxi, ormai 2 domeniche fa. Lighthouse family, high
Rilasso la testa, il collo, poggiandomi al poggiatesta e chiudo gli occhi mentre l’auto sfreccia davanti alla caserma della marina e penso a che cazzo ci facessero tutti quei mezzi militari che dormono sempre tutti ordinati dietro lo spazio che si vedeva dal nostro balcone: resterà un mistero. Che razza di spreco, boh.
Allora ripenso ai mezzi che erano in caserma da me, a Piacenza, risento vive quelle sensazioni di anni fa, rivivo la mattina che andammo via col congedo sotto il braccio ed in un attimo, come in un film accelerato, arrivo ai giorni correnti, ad oggi.
Tengo gli occhi chiusi, canto: il tassista alza il volume. Informo Francesco che la canzone è la stessa che all’andata. Lui tace mezzo insonnolito, io canto e penso che è vero:
La vittoria è in ogni goccia di sudore.

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