Mango – d’un autista indiano

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Il legno vecchio e secco seppure ben trattato ha scricchiolato, salendo le scale. Ci siamo accomodati su un divanetto, anch’esso di legno, uno davanti l’altro.

Mi spiegano che l’albero di mango è cresciuto dentro la casa attraversandola, dalla piccola aiuola poco fuori l’uscio fin dentro al secondo piano, su fino al terzo dove ora la chioma ombreggia un terrazzo con mobili improvvisati e malconci.

Simpson mi guarda sorridente, sereno ma impacciato. Alla fine dl viaggio abbiamo imparato a conoscerci e condividere nonostante in India aleggi sempre quell’alone di rispetto per l’uomo bianco più ricco, il che, onestamente, vista la mia condizione, mi fa ridere amaro.
Tira spesso su con il naso, impastato d’un raffreddore molto forte preso forse per sudore ed aria condizionata in auto.

E’ stato n guidatore formidabile, una guida pratica ed attenta, disponibile alle mie bizze di finto esploratore, pretenzioso turista atteggiato a viaggiatore. Esperto e prudente Simpson ha chiacchierato con me, per ore, lungo tutte le strade, per lo più sconnesse, percorse insieme. Ha inseguito animali, scene, cercato quanto gli ho chiesto per riuscire a catturare foto particolari. Ha tollerato di buon grado i miei silenzi mentre sul sedile posteriore scrivevo per ore sull’Ipad senza fare attenzione alla strada, ha corrotto come assurdamente previsto, i poliziotti ai posti di blocco, mostrando come d’accordo il portafogli di riserva, mezzo vuoto per scelta, che abbiamo tenuto nel cassetto porta oggetti per dimostrare che quello era tutto il nostro avere per il viaggio: escamotage ben pensata per far fronte ai finti controlli messi su per spillare soldi ai turisti per loro sempre ricchi ma invero, come nel mio caso, assolutamente sopravvalutati.

E’ a casa ora, per un gioco di traiettorie e percorsi maligno ora è  a casa. Ha guidato lui ma ce l”ho portato io qui, scegliendo il mio piccolo tour. So che ricorderò per sempre le sue camicie di tutto punto stirate anche se lacere, i suoi baffi neri, i suoi capelli un po unti, l’auto sempre pulita, ad ogni sosta rassettata dalla mie briciole, la sua dignità assoluta, il suo riserbo, le ricette che ci siamo confidati. Continua a leggere….

Maya, l’illusione.

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indian sadu

Maya, uno dei nomi della dea Lakshmi, sposa di Visnu, dea simbolo di fortuna, bellezza, fertilità.

Maya è il concetto induista di illusione, nei Veda indicato invece in origine come il potere, la possibilità da cui ha origine il mondo materiale.
Oggetti, persone, stati d’animo sono una rappresentazione illusoria dell’idea, dell’originale verità, possibilità.
Un mattone di argilla non è l’argilla, ne tutto quello che con questa puoi realizzare ne tutta la storia o l’origine dell’argilla. E’ una rappresentazione seppur comune, ma limitata, illusoria.

Nella vita quindi siamo dietro un velo illusorio che ci divide dalla verità permettendoci di percepire, vivere , solo in maniera alterata, illusoria rispetto alla verità assoluta, alla liberazione dell’anima e dal ciclo, secondo gli induisti, delle reincarnazioni (Samsara)

L’india, le illusioni, e la verità assoluta; l’Europa, il piano pratico e quello idealizzato.

Funziona “così”, anche qui.

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Noi non viaggiamo perchè…

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“Noi non viaggiamo per fuggire la vita ma viaggiamo perchè la vita non fugga da noi”

Era impossibile non fare propria una frase così, vista scritta su un muro al nostro arrivo qui a Delhi.
Il tour nel sud si è concluso a Cochin, città piuttosto grande e piena di turisti nonostante non abbia molto da vedere: effetto del suo essere strategica come punto di partenza ed arrivo, anche in virtù del grande aeroporto.

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Marari Beach

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Il vento non ha una esatta direzione ma soffia ora a raffiche, ora continuo.

Ad un ora di auto dal lago delle back-waters ci sono le immense spiagge della costa oceanica.
Mare e sabbia a perdita d’occhio: nessuno e nulla a parte quache corvo intento a piluccare le carcasse dei pesci.

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Backwaters, Kumarakom

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Dopo 5 ore sulla giostra delle strade del Kerala, dissestate, strette e piene di curve siamo arrivati a Kumbarakom.

Lasciando le piantagioni di thè abbiamo fatto sosta in quelle di spezie: stupefacenti piante officinali, medicine ricavate o presunte tali, foglie da assaggiare appena strappate dalle piante: alcune dolci, altre amare, ognuna con la sua ventilata capacità di migliorare o curare qualcosa.
Mai vista la piante del pepe? E del cacao?
E del cardamomo che tanto poi non lo usereste nemmeno da morti?

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