Lug 11
MassimoIntolleranza ed eventi di straordinaria incompetenza dimagrire, film di guerra, frustrazioni, massimo soldini, speranza, speranze
Praticamente in tutti i film di guerra della seconda guerra mondiale c’è sempre un momento in cui prevalgono la bellezza e la calma, c’è sempre un momento, infatti, nel quale viene ritrovato un pianoforte ancora intatto e qualche soldato è per caso bravissimo a suonarlo stupendo tutti e calmando i commilitoni senza scrupoli intenti a fumare e bere caffè fumante (in guerra fa sempre freddo?!?!) fra le macerie e le case sventrate, affettate in due verticalmente così che si veda l’interno come se lì dentro prima dell’ultima bomba tutto scorresse normalmente.
Così penso che ci sia speranza, sempre o almeno quasi.
C’è speranza nel campo da pallacanestro prima che inizino ad arrivare tutti, quando ancora le luci sono spente ed in quella penombra ti pare di sentire il rumore che si sarà dopo. C’è speranza nell’ufficio di primo mattino od alla sera tardi quando non c’è nessuno che sbaglia, che chiede, che mi interrompe, che parla senza dare davvero informazioni significative.
C’è speranza nelle chiacchiere a tarda sera, sempre, così come c’è speranza nell’ordine del mio cassetto, nelle forme sinuose delle vaschette del gelato appena pronto, nelle gomme delle moto appena torni da un giro perché sono nere e profumate.
C’è speranza, mi piace pensare ci sia, nel treno che parte in orario, nel fresco del mattino presto presto, nei miei occhi quando arrivo alla stazione, quando qualcuno è gentile e cede il passo, quando qualcuno rispetta la fila, semplicemente fa quel che deve fare, fosse anche uno scontrino uno, dico uno solo, cazzo.
C’è speranza quando trovo un bar che non usa quegli odiosi aromi di arancia nelle varie paste e cornetti, nelle forme delle ciambelle, c’è speranza nel vino appena aperto, nella cucina appena hai spento i fornelli e vorresti che tutto fosse buono. C’è speranza ogni giorno, ogni sera, in ogni mia azione: il problema è che a volte le speranze sono infrante.
Ed allora io spero ancora, comunque: c’è speranza, nella prossima mia riga da scrivere, nel foglio bianco, nello spazio vuoto del mio hard disk, nell’indicatore della benzina della mia moto quando il serbatoio e pieno ed io guido piano come se dovessi stare attento a non far uscire fuori il carburante.
C’è speranza, ecco, per ora c’è speranza. Non funzionano come vorrei la vita, le giornate, ma almeno c’ho speranza.
Di dimagrire, c’ho speranza di dimagrire, se vogliamo c’ho anche intenzione, tanto per andare fuori tema. Non c ‘ho costanza, ecco. Ma spero di riuscirci, appunto.
Spero che siate arrivati a leggere fin qui.
Lo spero ora, mentre lo scrivo, quindi…c”è speranza, pure adesso.
Giu 19
MassimoViaggio, Viaggio in Cina bruce chatwin, cina, mai, massimo soldini, muraglia cinese, netmeeting, racconti di viaggio, viaggio in cina
La Cina dell’immaginario collettivo è la grande muraglia cinese, è il devoto esercito di terracotta, è l’insieme imperscrutabile delle dinastie dai nomi che se pronunciati sembrano il suono di una molla sgangherata.
La Cina è il paese delle bici, di operai meravigliosamente dediti, dei regimi totalitari, dello spirito di abnegazione, di fabbriche e vecchie stirerie, di caldo e vecchie fumerie d’oppio. La Cina per quasi tutti noi italiani è dei film oppure al massimo quella dei negozi economici qui a Roma, in piazza Vittorio.
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Giu 12
MassimoRacconti balle di fieno, binario, dicotomia, massimo soldini, stagione pallacanestro, vespa
Poi mi ricordo il fresco della mattina d’estate, quando mi svegliavo presto e mi godevo il silenzio della campagna mentre in casa c’era solo nonna e la scuola era finita.
Così ancora intontito dal sonno, appena sveglio fra noia e nessun motivo, seduto all’ombra del patio, mi stupivo di quel fresco impensabile considerato il caldo del giorno pieno.
Mi lasciavo cacciar via dal sole e rientravo per colazione: Roma era già lontana e spendevo le serate fra tv e radio, pensando a quale lavoro avrei potuto fare per pagarmi la moto, qualche viaggio. Ero convinto sarei rimasto solo e che non sarei stato nemmeno triste. Non felice, ma nemmeno triste.
Semplicemente rientravo in cucina e parlavo un po’ con nonna fissa davanti alla tv con quella sua vestaglia a fiori che portava così spesso che ormai non so nemmeno più se avesse o meno altri vestiti.
Stamattina ho risentito quel fresco, esattamente quello, mentre ero al binario 3, mentre con gli occhi appiccicati mi nascondevo dal sole dietro una colonna del sottopassaggio. I papaveri dei binari sono già andati via, non è più il loro periodo: ogni anno è come se venissero in ferie un paio di settimane, come se la linea dei binari fosse il loro lungomare e loro i tedeschi anni 80 della riviera romagnola.
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Mag 15
MassimoLoretta, Racconti avere fame, fame, massimo soldini
C’ho fame, sempre, come un italiano del dopoguerra, come un bimbetto in piena notte.
C’ho fame come un paese dell’Africa, notte e giorno, come una scarpa aperta davanti dai tanti chilometri: sto sempre a bocca aperta.
C’ho fame ma resisto, almeno un po’, anzi no, mi ingolosisco, tutto qui, che poi è peggio perché aumenta la fame.
Ecco io c’ho fame e mi mettono fame gli odori e non solo i sapori, mi mettono fame i ricordi e le situazioni.
C’ho fame come un uccello che aspetta la madre dentro al nido.
C’ho fame e la pastasciutta adesso non c’entra niente: mi metti fame tu, dritta in piedi davanti a me, soprattutto la mattina se è più tardi… oppure a notte fonda: ti guardo e mi viene in mente d’affrontarti di petto come fossi un nemico, mi viene in mente d’arrivarti sotto, vicino vicino ma senza alzare la voce, per baciarti, di fame.
C’ho fame di baci infatti: mi metti fame tu mentre dritta in piedi davanti a me ti rivesti inconsapevole del buco che sento allo stomaco. Allora mi avvicino ti divoro la bocca.
Che sapore hanno i baci affamati, quante calorie?
Se ingrassano non mi interessa: io c’ho fame, te l’ho detto.
Set 25
MassimoBrevetti e teorie, Intolleranza ed eventi di straordinaria incompetenza analcolici, apericena, calindri, carbonara vegana, cicoria, cinar, intolleranze, massimo soldini, reggaeton, ristorante per intolleranti, tofu
Un ristorante per intolleranti.
Ecco, penso ce ne sia bisogno proprio considerando la società contemporanea, i vizi e le virtù, le esigenze della vita moderna, come si diceva nella pubblicità del Cinar (seti stai chiedendo cosa sia il Cinar o cosa dicesse la pubblicità allora vattene affanculo).
Così il mio nuovo progetto è questo, un ristorante dedicato agli intolleranti. Leggi: non pensare che sia uno dei tanti.
L’idea è semplice ma unica nel suo genere: un posto dove il gestore, l’oste, io, è intollerante, un posto dove chi cucina è nervoso e non sopporta, in generale, così come i clienti non gradiscono, non sopportano, appunto non tollerano certe situazioni. Qui i clienti intolleranti si rilasseranno vedendo maltrattare le persone che si atteggiano, frignano e straparlano che magari hanno invitato qui proprio per non essere potuti intervenire in prima persona. Il capo ufficio? Il collega, l’amica “mimimimi”? Continua a leggere….
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