Ritratti in Jazz: Bill Evans trio, Scott Lafaro e la rivoluzione del contrabbasso

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portrait in jazz

Dopo l’estremo ed eterno successo dell’incisione di Kind Of blue (1959), Bill Evans costituisce uno di quelli che diverrà fra i trio maggiormente noti in ambito Jazz, il Bill Evans Trio, appunto.

Lui al piano, Paul Motion alla batteria, Scott Lafaro al contrabbasso, il resto, semplicemente è davvero storia che andrebbe studiata a scuola. Non si potrebbe davvero ascoltare musica, inquadrarla in un contesto, in una nazione e quindi studiarne la storia, la geografia? No, invece rimaniamo ancorati a programmi e metodi che non sono tradizionali, sono superati.

Così la macchina del tempo corre al 1961, al 25 Giugno per la precisione, al pomeriggio di quel giorno, alla serata che incombe subito dopo. I fortunati avventori del Village Vanguard di New York gustarono uno storico concerto, una delle più grandi dimostrazioni di bravura di Scott Lafaro, bassista riuscito a portare lo strumento del “basso” ed il suo suono, fuori dal concetto di “mantenere il tempo”, fuori dagli schemi più classici. Da quella serata del 25 giugno, senza nemmeno troppi take, furono registrati ben due album: Waltz for Debby e, appunto,  Sunday at the Village Vanguard.

Almeno 10 anni prima del talentuoso e forse, non capiremo mai perché, più famoso Jaco Pastorius (più vicino ai giorni nostri col suo basso elettrico, appartenente ad altro stile di Jazz), il contrabbasso aveva un viso, quello di Scott Lafaro.
Quello del 1961  per Lafaro fu un anno magnifico e denso di concerti: ad appena 25 anni calcava palchi importanti e non solo accompagnava mostri sacri come Bill Evans: sapeva condividerci la scena, guadagnarsi minuti in assoli prima poco sentiti per quello strumento. Continua a leggere….

Kind of blue

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Piove,
nel buio, per scelta, della mia casa ho trovato il coraggio di alzarmi , almeno oggi, e di farlo davvero.
Ho trascinato i passi per via dei piedi infreddoliti dal pavimento: tutti già lavorano e la via s’è svuotata; finalmente ho deciso di rifilarmi la barba.
L’ho deciso mentre nel silenzio della via spiccava la pioggia che batteva sulle ringhiere là sotto.

Qualche giorno fa ho ascoltato una grandissima verità in una intervista ad Antonio Rezza: più il corpo se ne va, più si dorme meglio.

E’ vero, è una grande verità, ma vale solo per la stanchezza, per quel rifiato di muscoli ed ossa della sera quando, stendendosi, pare che il corpo nel letto possa trovare una nuova forma, quando sembra che le ossa si muovano quel poco che serve a rimetterle a posto, in quell’esatta posizione in cui i muscoli non sono tirati e rimangono burrosi, pronti ad un uso da rimandare.

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