L’urlo

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Coach Soldini, Aurelio 2018-2019

Coach Soldini, Aurelio 2018-2019

Gli allenamenti sono un attesa.
Tecnicamente sono essenziali ma emotivamente sono un’attesa.
Quel che conta è la gara, la partita, la battaglia, il rumore che fa lo scontro.

Quello che mi manca non è il discorso pre partita che pure mi emoziona a certe volte fa lacrimare alle mie stesse parole.

Quello che mi manca è la paura, il subbuglio interiore che monta, l’irreparabile sensazione che tutto si avvicina: quando usciamo dal piccolo tunnel è come emergere da un’apnea, un esplodere di quei rumori che chiusi dentro il nostro spogliatoio sentivamo attutiti.
Quel che mi manca è quella sensazione ingestibile di paura che mi fa muovere veloce, che mi fa bere fingendomi tranquillo mentre seguo i miei riti arrivando in panchina, facendo il gesto del buon cristiano, bussando 3 volte sul legno della mia lavagnetta per svegliare gli dei della pallacanestro.
Quelli sono i momenti che mi mancano: quando arriva il momento di rifare l’urlo che dentro lo spogliatoi era lo stesso ma meno intenso.

In quel momento dentro si sente di tutto, compreso il cuore che sballa qualche rintocco: dentro lo spogliatoio le parole ci hanno infuocati, le strategie rassicurati, ma il rumore arrivati in campo ci ha spaventati; lo fa da sempre, lo farà per sempre: che lo si ammetta oppure meno.
Mi manca quel momento in cui tutti hanno paura ma nessuno sa più niente dell’altro: ognuno pensa d’essere il solo e cerca lo sguardo degli altri.
Allora c’è un attimo in cui dico semplicemente “quà!”, e tutti completano il cerchio di cui io sono il primo punto della circonferenza.
Ognuno mette la sua mano al centro, io tengo la mia sotto a tutte, perché li reggo, perché li sostengo, perché posso farmi schiacciare ma li terrò a galla, quello è il senso della mia mano sotto tutte le loro.
Allora gridiamo, il nostro grido: quello è il momento in cui la paura vola via, in cui ognuno si sente sicuro, rassicurato, protetto, in cui ognuno di noi è sollevato perché è convinto che fosse il solo ad avere paura e che ora, tutti insieme, invece, non ne avremo più.
Adesso, solo adesso siamo pronti e soprattutto senza paura: appena dopo quell’attimo, quel grido liberatorio in cui l’ansia, la paura ed il subbuglio lasciano il posto alla voglia dello scontro, per duro che sia, per il finale che abbia.
Poi resta poco da fare: l’arbitro lancia la palla e mentre è in volo, in pratica, è già tutto finito. Il resto sono appena 40 minuti, solo una battaglia: ne usciremo vincitori oppure vinti ma non avremo più avuto paura, ci abbracceremo sempre e comunque.

Ho notato che chi, come me un tempo, gioca sotto canestro, cerca subito un contatto abbastanza duro, uno scontro personale così da svegliarsi, da misurarsi, da ricordarsi di tenere duri gli addominali là sotto il tabellone. C’è poi chi gioca di fino, d’astuzia e va via veloce per per irretire gli avversari.
Quanto siamo belli e stupidi in quei momenti per noi così epici, nel rumore della nostra battaglia.

Io ricordo pubblico in centinaia, il boato delle trombette e le bandiere, ricordo pure battaglie con pubblico in numero deprimente e silenzio di poco interesse. Ho conosciuto la vittoria definitiva, del campionato, sconfitte rumorose, campionati altissimi, altri di sopravvivenza sportiva.
Ricordo tutto. Non ricordo però nessun ingresso in campo senza quella maledetta paura, senza il senso rassicurante di quel grido liberatorio, di quell’illusione di ognuno d’essere il solo ad aver paura, di quella sciocca ma profonda sicurezza immediatamente dopo.

Gli allenamenti sono solo un’attesa, proprio come questi giorni lontano dal campo.

Le zucche vuote, le giornate da meditazione ed i raga Indiani

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Ravi Shankar

Stamattina penso alle zucche vuote, nel senso di teste vuote. Ci penso su perché come assistente  coach sono nella bufera dopo che il mio capo si è dimesso senza motivo, causa di polemiche di alcuni uomini molto piccoli e di persone che gli si dicono amiche, che lo chiamano riferendo questo o quello e che in realtà perseguono il loro obiettivo di sentirsi approvati, migliorati dall’aver spiato frasi purtroppo, temo, a volte, male interpretate. Continua a leggere….

La Fip fa flop

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La vergogna, come avevo già scritto, ha vinto: no, nessuna ripetizione, persa a tutte e due le squadre e, se non ho capito male, anche un punto di penalizzazione ciascuno.

Siamo stati equiparati a chi ci ha aggrediti nonostante ci si sia solo cercati di difendere, fra l’altro, senza nemmeno picchiare, solo strattonando per dividere i vari infami che intanto aggredivano giocatori e tribuna dove, LO RICORDO, c’erano donne e bambini.

Siamo stati messi sullo stesso piano di chi durante tutto il campionato (vedere sullo stesso sito fip) ha rimediato numerose squalifiche e multe mentre per noi era stato un campionato pulitissimo e sportivamente “perfetto” a parte piccoli inciampi: qualche sconfitta ed una controversa giornata di squalifica (eccesso di proteste).
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Cronaca di una festa spezzata.

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Ciao a tutti,
Vi scrivo appena tornati dalla partita e non vi scriverò di basket (03/06/2012 23:50)
Vi chiedo scusa quindi perché uso questo forum che dovrebbe invece parlare dello sport che ci appassiona ed unisce.

Non importa il risultato ne gli schemi.
La mia borsa è buttata lì all’ingresso di casa assieme ai fogli, le statistiche, i miei appunti su giocatori ed il campionato in generale.

La nostra partita è stata sospesa e ve ne scrivo di getto.
Non ho mai visto un “basket” del genere.

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Appena 40 minuti

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...ancora 40 minuti, appena 40 minuti…

Ognuno con la sua piccola motivazione personale da aggiungere e la sua grande voglia di vincere: metro dopo metro, punto dopo punto.
Quando sommeremo tutto, e tutti insieme, avremo la misura di quanto  “La vogliamo”…

Coraggio allora, marciamo per arrivare a quello che ci spetta.

Nessuno arretri

Per aspera ad astra

 

Massimo

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