Sociopatia

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E’ mattina già da un po’.

Mi rigiro e cerco il coraggio di alzarmi, fare. Il coraggio di terminare l’eterna lotta iniziata ieri sera con me stesso : “domani mi metto… ”
Certe volte riesco a prenderci sonno ed a svegliarmi con questo stesso discorso in testa.
Per fortuna sogno altro, ben altro.

La sveglia dice un orario, è indifferente quale dica: comunque vada penserò che aspetterò ancora e che girandomi troverò un benefico rilassamento, un’idea che possa essere l’inizio di un nuovo sogno.

La prima telefonata, è lei che aspetto. Continua a leggere….

Soffrire

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Soffro di chiamate perse, di “clienti irraggiungibili”, soffro di sociopatia, bisogno di moto, continua sete di birra

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Le cento città

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L’ultimo metro’

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Io passerei ore sulla  metro.

Da capolinea a capolinea,come facevo quando rimanevo seduto lì pomeriggi interi, lo facevo per studiare visto che a casa non ci riuscivo.

Da nord a sud, da oriente ad occidente di un micromondo infinitamente  complicato. Una città sotterranea fatta di persone, fatti e storie.
Ah,quanto materiale per scrivere ed inventare, quanto materiale trovato nei dettagli delle  mani, nello stato delle  scarpe dei viaggiatori, dai discorsi urlati al  telefono, dall’odore di questa o quello, dalla fretta per il  lavoro.
Passeggeri ma locomotori di preziosissime  storie.

Seduto,   appunto riempio note che mai trascriverò, che perderò fra qualche minuto. Io ci passerei i sabato pomeriggio, ma poi ricomincereste a dire che sono scemo ed allora faccio finta che non è vero, ok?

Salto la mia fermata e torno  indietro: la giostra di vita fra le  piu’  divertenti.

Massimo.

 

P.S. Ah, poi dopo vado pure al lavoro. Certe volte.
Certe altre invece il lavoro è quello lì, notare, annotare, scrivere, inventare. Se poi diventasse pure vendere…

 

Da Roma a Caponord e ritorno. Forse

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..già, perché successe lo stesso con l’Asia.

Una va, ma mica è detto che torni. O meglio, si torna, ma talmente cambiati che è come non essere mai tornati.

Aspettando un’occasione per migliorare viaggiando oggi, per scrivere, rubo nelle mie stesse tasche.

 

Lanciando la moto, nell’ultimo tratto in discesa,quando era possibile vedere solo cielo, mare, contrasto di neve, ed in lontananza le case del villaggio, ho allargato le braccia come per volare, lasciando che la moto andasse da se.

Un urlo fortissimo e liberatorio, poi ho chiuso gli occhi.

In quell’attimo di buio solitario, nella luce del sole delle 24, ho riscoperto la certezza che il viaggio più bello è sempre e comunque quello di ritorno a casa.

 

Massimo (www.romacaputnord.it)

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