Nick Cave e la trilogia sull’amore

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Cave,

Grotta, caverna.
Nomen omen avrebbe scritto qualcuno.
I suoni delle sue canzoni, delle sue opere, sono infatti cavernosi, a tratti gutturali, cupi, troppo semplicemente tristi secondo molti.
Così Nick Cave rimane confinato in un alone di semi notorietà almeno qui in Italia: australiano, classe 1957, famoso ed apprezzato altrove, considerato appunto troppo cupo per la nostra cultura musicale a tratti troppo impegnata con scolastiche rime baciate.
Discografia complessa ed evoluta, ancora in corso, grazie a Dio, composta di album piuttosto diversi fra loro per genere e concetti, per testi e citazioni.

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Charles Aznavour

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Charles Azanavour nel 1956
Così Aznavour è andato via (01/10/2018) e con lui gli ultimi frammenti di un romanticismo che non c’è più né in musica né al cinema né tanto meno in mezzo alla strada.

Sinatra ed Aznavour che musicalmente sono differenti, che hanno una storia umana profondamente diversa ed un genere canoro che per estensione ed ambientazione i puristi direbbero che poco si accostano,sono stati forse gli ultimi veri sex symbol di un certo livello, fatti di parole ed atmosfere raffinate, di vini freddi e frizzanti al punto giusto, di notti umide spese al bancone di un bar, di chiacchiere lente e donne meravigliose da tenere sottobraccio. Ecco perché io li accomuno.

Ecco, siamo molto più poveri e mentre tv e giornali fagocitano la notizia vomitando impietosi stralci di una biografia che invece non entrerebbe in 2 pagine piene di un quotidiano qualcuno si chiede chi cazzo fosse davvero Charles Aznavour.
Un cantante, un attore, un ambasciatore, un uomo che non seppe mai dimenticare le sue radici e che seppe vivere offrendo ad altri armeni la possibilità di salvarsi, di emanciparsi, di andare altrove.
Un giorno una giornalista italiana (Milena Gabbanelli) gli chiese quanti soldi avesse speso per i voli che aveva pagato ai profughi armeni:; lui semplicemente rispose che non conosceva né il numero né la spesa e che non gli importava dei soldi perché non sarebbe voluto essere il più ricco del cimitero.
Il genocidio armeno del quale i libri di scuola raccontano poco, i genitori sopravvissuti ed immigrati in Francia: questo il contesto nel quale Chahnourh Varinag, Aznavourian nasce a Parigi nel 1924.

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Michel Petrucciani

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Michel Petrucciani

E’ notte anche se  in realtà questo non sarebbe dovuto essere un pezzo qui ma un discorso in una serata, qualcosa da integrare con pause per fumo, pezzi da ascoltare e video significativi.

Il jazz è come la birra. La prima volta che la assaggi ti chiedi come faccia la gente a berne. Più avanti non riuscirai a farne a meno. Qualcuno invece in maniera molto più colorita, forse troppo, anni fa, aveva detto che il jazz è come un peto, un rutto: piace, fa sorridere, solo chi lo fa.

Il jazz è come un colore e non è possibile scriverne tanto più che spesso ci si rifugia dietro ad una canzone che possa identificarlo seppure espressione di una sola delle correnti di questa musica.
Michel Petrucciani è jazz però, questo posso dirlo con certezza: jazz, come parola viene da jam session la cui contrazione pronunciata dai neri americani dava luogo ad un suono simile all’odierna parola, e lui dell’improvvisazione ha fatto il suo marchio di fabbrica.

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Tono Metallico Standard

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Offlaga Disco Pax - Socialismo Tascabile foto da Wikipedia

Offlaga Disco Pax – Socialismo Tascabile
foto da Wikipedia

Una pausa dai “racconti” di viaggio che sto finendo di sistemare, qualcosa che ieri sera m’ha tirato su, che pare scritto da me, correggo, che vorrei aver scritto ma che mi rappresenta come molti altri toni, in senso più generale, degli Offlaga Disco Pax.
Di loro ognuno dovrebbe avere tutti gli album, che poi sono troppo pochi, per cominciare forse va bene Socialismo Tascabile dal quale poi è tratta questa canzone.
Uno dei dischi senza il quale secondo me non dovrebbe essere concessa l’abitabilità di un appartamento.
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Dei calmanti effetti di Autumn leaves

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something else, autumn leaves

Cannonball Adderley con l’album Something else e lidea di acquistare vinili e giradischi, un’idea in una mattina come questa nella quale mi si lucidano gli occhi senza motivo e senza tragedie, in un giorno in cui le lacrime sono come la nebbia di stamattina: c’è ma è diradata come i ricordi, come la fantasia dei bambini.

Nella confusione dei sogni sballottati dal treno ho ripensato quindi ad una delle mie idee più assurde, ad uno dei progetti non ancora realizzati. Da ragazzino sognavo l’est Europa ed i suoi disordini politici, la polizia con gli impermeabili di pelle nera, un quadro apocalittico studiato sui libri di scuola, fatto di bombardamenti e poca democrazia, di posti di confine freddi e nebbiosi, di documenti scambiati di notte, tirati fuori dalla giacca di pelle: “buona fortuna“, prima di partire.
Così, ecco, volevo farmi arrestare dalla Stasi e nei giorni che precedono il prossimo viaggio, a Berlino, questo torna prepotentemente a galla nella marea delle cose sospese, dei progetti di viaggio, racconto.
Non c’è un reale nesso fra il jazz e l’est Europa post bellico-fine anni 80 se non gli effetti calmanti di quegli assoli così estemporanei e pure così perfettamente miscelati: ecco, il jazz mi ricorda la mia fantasia, il disordine dei miei ricordi e dei miei progetti.

E’ tanto tempo che manco dal blog ma prima di ricominciare con regolarità voglio concludere il resoconto del viaggio in Borneo, farne un piccolo libretto completo di foto, pubblicarlo a casa mia e sugli scaffali di casa di mia madre.
Nel frattempo in questi mesi ho lavorato molto, bestemmiato un po’, sono finito in ospedale senza che i medici capissero perché, allenato, vinto, perso.
Ho scritto a Willie, come promesso, la guida della quale nei racconti di viaggio si trova ovviamente traccia e sto, lento come un pachiderma, lavorando ad un pagina che racconti la sorte degli indigeni che abitano attorno al Mulu Park.

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