Giganti

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old paper

Piccola grande S., anche oggi ti scrivo da qui.
Uso pagine un po’ ingiallite, ma mi piace farlo con queste: senza internet questo gusto “vecchia maniera” condisce un po il senso di vuoto che sento allo stomaco per non poter ricevere le tue risposte, per sapere che queste piccole pagine arriveranno come fossero state spedite decenni fa: fra qualche settimana almeno.
Allora il clima sarà già cambiato, o almeno questo mi dicevano  oggi le donne grasse con le quali ho mangiato. Continua a leggere….

Andare

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going home

Il rumore della chiusura lampo e la visione della tasca chiusa alla perfezione lo facevano sentire organizzato, pronto al viaggio.

Che fosse quella della giacca, quella dello zaino oppure quella della borsa: aver sistemato gli oggetti ed essere riuscito a chiudere gli dava sicurezza, consapevolezza di poter andare, affrontare. Continua a leggere….

E desiderarti

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rene_magritte

E desiderarti la mattina, e lasciarti dormire, fotografarti sognare.

E guidare lento per la città e perdere più volte la strada, pensando che è vuota senza di te.

E dimenticare chi sono, ed imparare a fare l’amore con te,

e non sapere se amo più te o quel me stesso che tu sola disegni e fai vivere.

Costellazioni

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costellazioni

Nelle notti delle tue lune storte,

sotto un cielo denso dei tuoi pensieri rabbuiati mi oriento come un vero viaggiatore:

osservo la costellazione della punta delle tue dita, la scia veloce delle comete delle tue risate.
Continua a leggere….

Legami

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legami

 

Non gli sembrava possibile vederla sfilare davanti a se, lenta e bella come forse non riusciva a ricordarla da un po’.

Lei sentiva il collo strozzare, si era sentita tirare via senza un vero motivo ed in dovere di accelerare il passo, anche se poi la magia del momento aveva fatto si che un attimo dopo fosse più libera, proprio mentre gli era difronte, così lenta da riuscire ad incrociare i suoi occhi, a fissare le sue labbra.

Un bacio veloce, sfruttando la situazione, un sapore che ricordavano perfetto e semplice, una scossa, un brivido feroce.

Uno, solo uno, ma tanto bastò ad innamorarlo ancora, a drogarlo e renderlo instabile, subito dopo, vedendola allontanarsi piano senza che lei potesse avere l’occasione di tornare indietro e fermarsi, dire che no, era soltanto uno scherzo, che non sarebbe andata via di nuovo.

Ma lei non seppe voltarsi e lo lasciò insicuro e pestare i piedi sul posto, senza sapere far nulla, senza prendere una decisione. Si annusò e leccò le labbra nella speranza di sentirsi ancora sfibrato da quel bene assoluto.

Poi proprio quando tutto sembrava andato e nessuna occasione rimasta lei si era voltata a guardarlo. Gli aveva fatto capire capire con un solo sguardo quello lui andava cercando, la conferma che anche lei avrebbe voluto e che era solo la situazione a non permetterlo.

Lui aveva allora sentito spezzarsi dentro qualcosa, sentito come ingestibile la voglia di lei, dei pomeriggi insieme, a passeggiare, delle notti a consumarsi dal bene, ad urlare felici in strada mentre la gente dormiva insoddisfatta.

Se avesse avuto parole le avrebbe urlato dietro, per convincerla, nel dubbio non avesse voluto, nel dubbio non fosse vittima della situazione ma che in qualche modo avesse scelto di andare via. “Vieni qui, ripara il mio cuore, ricuci la mia ferita, la tua stessa, di tanti fa. Torna da me, un bacio ancora, per cominciare, per costruire e poi andare“.

Il guinzaglio la guidava severo più distante da lui.

Due cani, illuminati dalle luci di un negozio di quartiere, dall’intermittenza di una sigaretta nervosa che fumavo immaginando la loro storia, così simile a quella di poco prima, vista là nei corridoi appena fuori dalle banchine del metrò: due compagni di vita, qualche anno sulle spalle, un’emozione purissima di qualche bacio svagato, camminando sferzati dalla corrente che andava infilandosi in galleria, spettinando pensieri, sollevando la serata.

 

Massimo

 

 

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