Ott 03
MassimoLoretta, Racconti Aldous Huxley, gesticolare, le porte della percezione, loretta, massimo soldini
Così prima che tu vada a dormire è giusto che tu sappia cosa stavo pensando mentre la gente passava, entrava, usciva e non sapeva, mentre tutti vivevano normalmente la loro quotidianità ed io immaginavo la mia od almeno una parte.
Stavo pensando ad Aldous Huxley, al suo libro “le porte della percezione”, al significato intrinseco di quelle droghe che lo spinsero prima a provarle, poi ad ammalarsi a causa della ricerca di una motivazione, di una ragione: capire cosa ci fosse di irrinunciabile.
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Ago 06
MassimoCose inconfessabilmente belle da leggere, Loretta chiamami, loretta, massimo soldini
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Oggi ho pensato che non ho un nome, che tu non hai bisogno di chiamarmi perché ti giri e mi scopri attento.
Ti guardo per un bisogno complicato, per una gioia e la sua voglia: così osservo le tue dita che indagano lente le parole di un libro, ascolto il mormorio arrotondato della tua lettura,
mi agito seguendo la tua lingua che salta sul palato mentre parli.
Seguo attento la scia delle unghie colorate, la traiettoria dei tuoi piedi mentre senza saperlo ti muovi calpestando noncurante le linee delle fughe fra le piastrelle, quei confini che da bambino dovevo saltare e mai calpestare per via di una logica e di una paura che ancora oggi non riesco a rinnegare.
Ecco, vorrei essere come te, non accorgermi dei limiti ed andare. Continua a leggere….
Ago 03
MassimoLoretta, Racconti Attese, massimo soldini, saluti, scena perfetta, stazione, temporale estivo
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Poi il cielo s’era rotto col fragore d’un tuono che se non fosse stato venerdì pomeriggio avrebbe fatto di certo un rumore diverso.
Il cielo aveva colato giù tutta la frustrazione che il vento lento e caldo gli aveva portato nei giorni prima.
Roma gli era sembrata disperata, svuotata, e s’era rifugiato sotto le tettoie fra i binari della stazione che poi lo si sapeva già, non riparavano un cazzo e la pioggia tiepida continuava a pizzicarlo sul viso come fosse fatta di spilli.
Il tabellone se ne stava li a decidere il destino di ognuno senza capire che quelle cifre per le persone avrebbero significato molto più che per lui che comunque va compreso perché non si riposa mai.
Ma voi ci avete mai fatto caso alle traiettorie che percorre la gente in trascinando la valigia? Certe volte aveva creduto che facessero quei giri tutti storti tanto per farsi vedere da lui, tanto per trasmettergli l’ansia del treno che parte e di loro affannati che con un filo di voce e scarsissima logica mormorano qualcosa tipo “aspettate”.
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Mag 15
MassimoLoretta, Racconti avere fame, fame, massimo soldini
C’ho fame, sempre, come un italiano del dopoguerra, come un bimbetto in piena notte.
C’ho fame come un paese dell’Africa, notte e giorno, come una scarpa aperta davanti dai tanti chilometri: sto sempre a bocca aperta.
C’ho fame ma resisto, almeno un po’, anzi no, mi ingolosisco, tutto qui, che poi è peggio perché aumenta la fame.
Ecco io c’ho fame e mi mettono fame gli odori e non solo i sapori, mi mettono fame i ricordi e le situazioni.
C’ho fame come un uccello che aspetta la madre dentro al nido.
C’ho fame e la pastasciutta adesso non c’entra niente: mi metti fame tu, dritta in piedi davanti a me, soprattutto la mattina se è più tardi… oppure a notte fonda: ti guardo e mi viene in mente d’affrontarti di petto come fossi un nemico, mi viene in mente d’arrivarti sotto, vicino vicino ma senza alzare la voce, per baciarti, di fame.
C’ho fame di baci infatti: mi metti fame tu mentre dritta in piedi davanti a me ti rivesti inconsapevole del buco che sento allo stomaco. Allora mi avvicino ti divoro la bocca.
Che sapore hanno i baci affamati, quante calorie?
Se ingrassano non mi interessa: io c’ho fame, te l’ho detto.
Apr 07
MassimoBrevetti e teorie, Loretta, Racconti, Sindromi caste, india, massimo soldini, paria, sindrome del comico che non fa ridere, sindromi
Esistono le caste, in India, dove la religione governa ogni azione, esistono in Italia, dove indirettamente ed invisibilmente si vivono una miriade di vite differenti, alcune coraggiose, altre meno, alcune ricche, altre di sussistenza, qualcuna di sopravvivenza.
Così esistono i paria, gli ultimi della casta, i nati così e così rimasti per credo religioso, per effetto della vita precedente, per una sorta di pena comminata dipendente dalla tenuta del loro essere stati prima di oggi.
In India tutto ha un senso, un senso che qui invece è misurato su di un’altra scala, con altre modalità e caratteristiche.
Mi vengono in mente storie di semplicità, di illusoria emancipazione, bassi profili ai quali piace credersi alti, fingersi migliori, sentirsi adeguati ma non per brama quanto per necessità, per bisogno di rifuggire quel disagio sottile e tagliente che li separa dal resto delle caste. Continua a leggere….
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