La beneficenza dei ricchi

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Gasol migranti

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Oggi due temi importanti che forse meriterebbero due scritti differenti ma fa caldo, vado di corsa, c’ho tante cose per la testa, alcune anche belle, altre che non ho ancora capito che sensazione mi stiano dando. (poi scrivendo mi sono reso conto che pur scrivendo meno del dovuto i due argomenti meritano due post)

Le beneficenza dei ricchi.

Negli ultimi giorni girano in rete parecchie fotografie dei fratelli Gasol, due famosissimi campioni spagnoli di pallacanestro, sotto contratto con squadre americane, pluridecorati.
Su Twitter impazzano loro scritti e foto: sono impegnati, badate bene prima uno e poi l’altro considerato il successo avuto dal primo, nell’aiutare alcune organizzazioni umanitarie che si occupano di soccorso ai migranti. Continua a leggere….

Speranze

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hope

Praticamente in tutti i film di guerra della seconda guerra mondiale c’è sempre un momento in cui prevalgono la bellezza e la calma, c’è sempre un momento, infatti, nel quale viene ritrovato un pianoforte ancora intatto e qualche soldato è per caso bravissimo a suonarlo stupendo tutti e calmando i commilitoni senza scrupoli intenti a fumare e bere caffè fumante (in guerra fa sempre freddo?!?!) fra le macerie e le case sventrate, affettate in due verticalmente così che si veda l’interno come se lì dentro prima dell’ultima bomba tutto scorresse normalmente.

Così penso che ci sia speranza, sempre o almeno quasi.
C’è speranza nel campo da pallacanestro prima che inizino ad arrivare tutti, quando ancora le luci sono spente ed in quella penombra ti pare di sentire il rumore che si sarà dopo. C’è speranza nell’ufficio di primo mattino od alla sera tardi quando non c’è nessuno che sbaglia, che chiede, che mi interrompe, che parla senza dare davvero informazioni significative.

C’è speranza nelle chiacchiere a tarda sera, sempre, così come c’è speranza nell’ordine del mio cassetto, nelle forme sinuose delle vaschette del gelato appena pronto, nelle gomme delle moto appena torni da un giro perché sono nere e profumate.
C’è speranza, mi piace pensare ci sia, nel treno che parte in orario, nel fresco del mattino presto presto, nei miei occhi quando arrivo alla stazione, quando qualcuno è gentile e cede il passo, quando qualcuno rispetta la fila, semplicemente fa quel che deve fare, fosse anche uno scontrino uno, dico uno solo, cazzo.

C’è speranza quando trovo un bar che non usa quegli odiosi aromi di arancia nelle varie paste e cornetti, nelle forme delle ciambelle, c’è speranza nel vino appena aperto, nella cucina appena hai spento i fornelli e vorresti che tutto fosse buono. C’è speranza ogni giorno, ogni sera, in ogni mia azione: il problema è che a volte le speranze sono infrante.

Ed allora io spero ancora, comunque: c’è speranza, nella prossima mia riga da scrivere, nel  foglio bianco, nello spazio vuoto del mio hard disk, nell’indicatore della benzina della mia moto quando il serbatoio e pieno ed io guido piano come se dovessi stare attento a non far uscire fuori il carburante.

C’è speranza, ecco, per ora c’è speranza. Non funzionano come vorrei la vita, le giornate, ma almeno c’ho speranza.

Di dimagrire, c’ho speranza di dimagrire, se vogliamo c’ho anche intenzione, tanto per andare fuori tema. Non c ‘ho costanza, ecco. Ma spero di riuscirci, appunto.

Spero che siate arrivati a leggere fin qui.
Lo spero ora, mentre lo scrivo, quindi…c”è speranza, pure adesso.

Intolleranze

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Food-Intolerance1

Un ristorante per intolleranti.

Ecco, penso ce ne sia bisogno proprio considerando la società contemporanea, i vizi e le virtù, le esigenze della vita moderna, come si diceva nella pubblicità del Cinar (seti stai chiedendo cosa sia il Cinar o cosa dicesse la pubblicità allora vattene affanculo).

Così il mio nuovo progetto è questo, un ristorante dedicato agli intolleranti. Leggi: non pensare che sia uno dei tanti.

L’idea è semplice ma unica nel suo genere: un posto dove il gestore, l’oste, io, è intollerante, un posto dove chi cucina è nervoso e non sopporta, in generale, così come i clienti non gradiscono, non sopportano, appunto non tollerano certe situazioni. Qui i clienti intolleranti si rilasseranno vedendo maltrattare le persone che si atteggiano, frignano e straparlano che magari hanno invitato qui proprio per non essere potuti intervenire in prima persona. Il capo ufficio? Il collega, l’amica “mimimimi”? Continua a leggere….

E’ l’inizio

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E’ tutto un inizio: di settimana, perché è lunedì, del mese, perché è il primo Agosto.
E poi è l’inizio del bellissimo declino che mi condurrà alla ferie: due settimane di stanchezza e muscoli contratti, posizioni scomode alla scrivania, dolori psicosomatici, scazzi epocali, fastidi ossessi compulsivi.
Roma è accalda che pare certe zone dell’India, di quelle con la luce forte sulla terra ocra, tanto gialla che pare curry e che invece è fatta di polvere e vento.

Così una pausa pranzo, 6 paia di calzini 6 euro, sono quelli per viaggiare che poi uso pure allenando in palestra prima che faccia freddo, una cintura cartone finta pelle, totale 16 euro ed il gusto di ascoltare gli strilloni dei mercati romani: “daje signore, robba bella oggi”, ma poi lo dicono tutti i giorni.
Ecco, ho sonno. La cambio la moto? Forse una Vespa più grande?
Intanto abbiamo prenotato il viaggio, e questo basta a stare con gli occhi sgranati a cercare informazioni su web. Dove è ancora top secret, per la solita scaramanzia.
Ciondolo la testa e guardo con orrida fissità davanti a me: un po come gli anziani che ricordano seduti al parco la mattina, godendosi il fresco, dicono.
Isolati per scelta, dico io.

P.s.

Manca una foto, lo so

Binario 4

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A testa china, un po’ dubbiosi, tutti verso la novità. Stamattina binario 4 e qualche minuto di ritardo. A me piace perché ha il sapore di una novità buona e stimola quelle signore con i vestiti sottili, celesti a fiorellini, a far domande retoriche. Io al binario 4 non ero mai partito e ci avevo visto sempre e solo i papaveri a godersi il sole non ancora caldo di inizio estate, la mattina. Il binario 4 sta davanti a quell’affronto rabbioso, compiuto armati di spray: “l’ignoranza ve se magna”, una scritta che per me c’è ’ ancora e che invece qualche vandalo ha cancellato.

Il controllore con le occhiaie, gli studenti svogliati quanto me, i libri pronti e chiusi sulle gambe, pronti e delusi come i miei giocatori quando aspettano che li chiami per entrare in campo. 

È luglio, il caldo, il pre ferie, le ferie già iniziate di qualcuno, è mia madre che si lagna, le mie sorelle che non risolvono, sono le chiavi che ho dimenticato, i caffè che non posso prendere, le riunioni all’ora di pranzo, pesanti come la parmigiana a colazione.

Forse è pure la barba che imbianca, il sonno che non ho di notte, quel rumore di apiccicaticcio che certa gente fa camminando con quegli orribili sandali.

Ecco, è per tutto questo, e se cambi il numero defli addendi poi non ti ricordi la formula. Il risultato è l’insofferenza, esattamente  come quanto imparata la tabellina sbagliavo l’ultima moltiplicazione: “Stacci attento !” e con uno schiaffo dietro la nuca mia madre mi inviava giù in cortile.

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