Dedicare

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dedicare

 

Io ti dedico l’odore delle botteghe da calzolaio,

lo sbuffo finale del rifornimento gpl.

Io ti cedo il primo bicchiere della bottiglia di coca-cola,

ti regalo il rumore della palla da basket che rimbalza sul cerchio.

Il caldo umido delle strade deserte di Roma quanto è notte,

l’odore che si infila nel casco quando laggiù ha già piovuto,

il pulsante “on” del sinto-amplificatore,

il borbottio della Vespa che parte (quando parte).

Ti dedico l’abbraccio dei giocatori di una partita vinta, in un campionato fatto di sudore e delusione, vecchie glorie e speranze che andranno perdute;

io ti regalo gli ultimi minuti di un film, quella scena che non ricordavi, quella che speravi fosse stata girata,

l’odore del giornale appena comprato,

il rumore dell’acqua che passa a “pezzi” nei termosifoni, l’odore che rimane sulle mie dita quando la mattina verso il caffè appena pronto.

Ti dedico la sensazione di passare la sabbia nelle mani ed il godimento di pensare che quello sia il tempo che passa e che puoi lasciarlo passare, poi riprendere e ricominciare.

Io ti regalo la sensazione che ti sorprende di notte, quando hai freddo e tiri giù la maglietta sulla schiena che s’era scoperta.

Ti dedico tutte le cose che non ho il tempo di scrivere , che non ricordo, che penso a sprazzi, quando posso, mentre scendo dall’autobus, mentre ho il libro aperto e non sto leggendo, tutte quelle cose così grosse da riuscire a riempirmi,saziarmi, troppo grosse da non potermi uscire di bocca.

Io ti dedico la prossima birra.

 

 

 

 

Thai

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…laggiù la benzina è rossa.

Evapora, più che bruciarsi. Puoi trovarti a fare rifornimento acquistando a bordo strada bottiglie senza etichetta riempite di benzina, caricando il serbatoio con un tubo che esce da un fusto di latta, travasando con un improbo meccanismo a  manovella

“amore lungo lungo

ping pong show sir

massaaaaaaaaaaage sir?” Continua a leggere….

La dieta

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Doppo che ho rinnegato pasta e pane,
so’ dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure…
me pare ‘n anno e so’ du’ settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane,
pe’ damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immagina’ le svojature
co’ la lingua de fòra come un cane.

Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da ‘na tavola e ‘na sedia
pensanno che se deve da morì?

Nun è pe’ fa’ er fanatico romano;
però de fronte a ‘sto campa’ d’inedia,
mejo morì co’ la forchetta in mano!

 

Aldo Fabrizi

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