Pork pie hat – Lester Young

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Sassofonista, o meglio tenorsassofonista, il migliore secondo Billie Holiday che lo chiamava prez, presidente per riconoscergli appunto una levatura, uno status di maggiore rispetto al resto del mondo.
Un jazz sereno e pacifico, dall’inizio degli anni 30 fino alla morte, prematura, “in stile jazz” come molti altri geniali musicisti del genere.

Con l’andare del tempo, con la fama crescente, qualche contratto accettato e qualche altro rifiutato per orgoglio, come nel 1934 quando Fletcher Henderson cercò di assumerlo contro il parere della propria orchestra, Young si autodeterminò come originale e forse inarrivabile.

Vestiva in modo stravagante, con un cappello particolare ed un lunghissimo cappotto, si dice andasse in giro raccontando di avere poteri sovrannaturali, usava spesso una posa particolare suonando, tenendo il sax in diagonale, quasi orizzontale.
Proprio quel cappello diede il via all’utilizzo di un ulteriore soprannome, porkpie hat appunto per via del modello del cappello che ricorda la forma di una torta di salata, tipica del mondo anglosassone.

Nel 1944 fu chiamato alle armi con conseguenze disastrose derivate dal brutto carattere, liti con i superiori, mancata inclusione nella banda militare, condanna alla corte marziale e congedo con disonore a causa del possesso di cocaina e tentativi di evasione dalla carcerazione.
Anni dopo suonò con il grandissimo pianista Oscar Peterson tornando in alto nelle classifiche, tornando a farsi apprezzare: è l’inizio degli anni 50 e l’iizio di una repentina finite stimolata da abusi di alcolici e droghe che lo porteranno a morire nel 1959.

3 matrimoni falliti, collaborazioni con i più grandi, fra i quali Davis ed una spirale distruttiva come poche altre: del tutto instabile mentalmente si rifugiò in un hotel, davanti al mitico Birdland, jazz club sulla 52esima strada di New York: si dice che sedesse alla finestra, che guardasse fuori senza nulla da vedere, che digiunasse, che si fosse chiuso in sé più che mai.
Un medico ne constatò schizofrenia e sdoppiamento di personalità: il persistente digiuno e l’abuso di alcolici portò alla morte nel marzo del ’59.

Un paio di mesi dopo, in suo onore, Charles Mingus compose il capolavoro “goodbye porkpie hat”, incluso nel notevole album mingus ah um divenuto in seguito uno standard jazz consegnando canzone, aneddoti e personaggio alla storia

 

 

 

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