Ott 18
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Bagan temples
Quando Marco Polo arrivò qui fu impressionato dal suono delle campanelle e dal fruscio del vento che scuoteva, a suo dire, le vesti dei monaci.
Quel che rimane oggi in questa vasta e magnifica piana è un considerevole numero di templi più o meno conservati nello stato originale.
I terremoti del 1975 e del 2016 hanno messo a dura prova le costruzioni erette in maniera piuttosto approssimativa. Mattoni rossi su un terreno sabbioso, pochissime tracce di malta, strutture a pianta non larghissima ed abbastanza alte, vittime facili dei forti terremoti dell’area.
La piana fu oggetto di incessante e velocissima costruzione di circa 4000 templi in un arco temporale di 230 anni circa per volere, ovviamente dei sovrani dell’epoca. Il grandissimo impulso avvenne nel 1050 circa, a seguito della conversione del paese dal credo Hindu a quello Buddista, si dice iniziata ad opera di un monaco inviato dal re Manuha.
Il re Anawrahta, convertito definitivamente ma non alla vera ideologia, iniziò allora una guerra ed un saccheggio motivato dal fatto che Manuha si era rifiutato di inviargli, per avviare la conversione, reliquie ed i Tripitaka, i testi sacri. Il saccheggio ebbe per oggetto appunto oggetti sacri e, si narra, persone correlate. Tutte le immagini sacre relative ad altre religioni furono distrutte ed in parte racchiuse nel tempio hindu ancora oggi visitabile ma denudato di tutte le immagini fatta eccezione per qualche copia delle statue i cui originali sono custoditi dal museo cittadino. Attenzione perché questo tempio si perde facilmente di vista essendo del tutto simile alle decine di altri circostanti e solo le statuette interne rivelano la religione sebbene non siano poi così riconoscibili ad occhio disattento.
Il nuovo centro abitato, appunto new Bagan, dista 4 o 5 km dalla vecchia città ormai di fatto resa un favoloso e grandissimo parco archeologico di fatto non gestito nel senso letterale del termine e non ancora patrimonio dell’Unesco per una serie di motivi politici correlati ad equilibri economici anche internazionali e per la difficile continua transizione che il paese attraversa da decenni. I villaggi sono stati spostati nel 1990: ad oggi pur osservando con attenzione le zone di old Bagan non si rilevano resti di abitazioni neppure primordiali; va detto però qui non si brilli di certo per progetti di edificazione, urbanizzazione e soprattutto pulizia ed ordine per cui è anche comprensibile che le tracce sino sparite perché i materiali di risulta sono stati riutilizzati.
Old Bagan è di fatto la zona da vedere, disseminata di templi, mentre il nuovo abitato è il posto delle guest house ed ostelli, qualche ristorante considerevole ed un villaggio diffuso, disgregato, urbanizzato geometricamente, abitato dei locali di fatto impegnati appunto nel turismo e poco altro. Esiste inoltre una cittadella ancora più distante, Nyaung U che la guida descrive come brulicante, interessante da far appendere ai viaggiatori il cappello al chiodo ma che nella realtà pare essere simile a cento altre fatta eccezione per un molo da e per il quale partono escursioni in barca, anche al tramonto (stessa cosa che da Old Bagan). L’accesso ad old Bagan è permesso con il pagamento di 25000 kiat ed il rilascio di un biglietto valevole 5 giorni e non cedibile (vi verrà scattata una foto che sarà archiviata digitalmente): è possibile fotografare il biglietto e mostrarlo quando richiesto (davvero di rado e meno che mai con la verifica fotografica).
Si alloggia in tutte e 3 le cittadelle ma va da se che stare ad old Bagan significhi spendere di più per essere nel cuore della piana, davvero vicini ai templi, in molti casi con hotel vista fiume. Tutto sommato, per 35-45 dollari americani a notte si ottiene una stanza ottima in hotel vista fiume, stanza grande e curata, aria condizionata ed hotel molto organizzato come spesso accade nei resort thailandesi battuti dagli occidentali. Gli occhi tondi qui, mescolati invero ad alcuni orientali benestanti, si concentrano non certo per la cucina occidentale che volendo si può ottenere, quanto per le modalità organizzative e per la pulizia assoluta.
Il Tande hotel fu costruito nel 1922 in occasione della visita di re Edoardo VIII garantisce tutto questo oltre ad una formalità tutta occidentale, di altri tempi, che va scomparendo.
Conviene soggiornare ad Old Bagan per evitare giornalmente di dover contrattare taxi e tuk tuk finendo per spendere la differenza risparmiata per l’hotel in questi avanti ed indietro.
Una e-bike, che poi invece è un motorino elettrico, permette una visita autonoma e libera di tutta l’area. 7000 kiat per 8 ore che, considerato il caldo ed il sole che seppure coperto pare picchiare in testa con il bastone, sono più che sufficienti (circa 5 euro).
Fra le piccole e polverose strade (attenzione alla guida con i piccoli scooter), il ritmo è piuttosto calmo al mattino: nonostante la moltitudine di turisti, la zona molto vasta garantisce visite e fotografie senza troppi intrusi né confusione. Il consiglio è appunto quello di partire presto per evitare il caldo pressante.
Per evitare scottature è d’obbligo la crema solare che ovviamente per la prima giornata abbiamo dimenticato di mettere con il risultato di poter vantare una abbronzatura da veri viaggiatori, o da ciclisti, non so. Mai senza repellente per insetti: fra zanzare, mosche ed oggetti volanti non identificati la guerra è continua, soprattutto a pranzo!
Lungo gli stretti sentieri spesso non si incontra nessuno per qualche km e non è chiaro se si stia guidando su strade pedonali oppure meno. Sull’asfalto principale, non così distante da alcuni templi anche piuttosto interessanti, piccole bancarelle vengono bevande tenute in fresco in una grossa scatola foderata di polistirolo, riempita da blocchi di ghiaccio piuttosto sporco. Il consiglio è quindi quello di prendere bottiglie chiuse e non lattine visto quel che si accumula sulla loro apertura. Se possibile però 100+, la bevanda migliore per sali minerali, poco dolce e retrogusto leggero di limone: da bere a litri!
Ci si orienta facilmente con
maps.me, applicazione di navigazione offline e si fanno foto più o meno ad ogni sguardo:
silenziosi Buddha ora più sereni, ora più pensosi, sonnecchiano dentro ogni piccolo o grande tempio.
L’operazione ripetitiva di togliere scarpe e calzini e rimetterle è il leit motiv del viaggio: in più di una occasione abbiamo avuto però l’impressione che fosse in corso una deriva comportamentale da parte dei locali sempre più alla ricerca di una mancia, di facili introiti vendendo piccoli manufatti o, peggio ancora, di mance rimediate consigliando un tempio nascosto sul quale arrampicarsi (assolutamente non permesso nonostante le rassicurazioni di alcuni che, in un caso, ci hanno tratto in inganno).
Non c’è il rumore del motore eppure il vento in faccia riapre alla mente grandi spazi e tutto sembra lontano: dopo le prime attentissime e studiate visite, infatti, si procede liberi e senza orari. Piccole famiglie fungono da pigrissimi custodi di alcuni dei templi più piccoli ma ben conservati a livello di statue e pitture interne. “I have got the key” che pare tipo la soluzione di un gioco per pc anni 90 ed invece è la soluzione per oltrepassare le cancellate di accesso. Ovviamente l’attesa è una piccola mancia anche se a dire il vero non è quasi mai necessario chiedere di aprire alcunché visto che tutto è libero, incluso nel biglietto di accesso all’area.
I tramonti del Myanmar sono memorabili ma non così come descritto sulle varie guide e sulle mappe zeppe di consigli di posti nei quali appostarsi per vedere l’alba od il tramonto. Alla vecchia maniera, nel silenzio del mattino o fra la stanchezza del finire del giorno conviene allontanarsi, godere della luce che cresce o muore lentamente, senza cercare la foto perfetta, senza accalcarsi, ritraendo con i sensi quello che gli occhi percepiscono nella piana silenziosa. Una distesa di templi, una terra poco abitata e ricca di storia, una religione benefica che ha invaso modi e tempi, un Dio che dorme sereno, in posa dentro ogni piccolo tempio, come fosse rifugiato, protetto e protettore.
Che diavolo c’entrano le foto al tramonto, le mance da dare, il traffico per appostarsi?
Thande Hotel old Bagan
Old bagan by electric bike
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