Vento caldo – ritorno a Reggio Calabria-
Mag 07
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La auto sbrodolate dalla sabbia umidiccia hanno uno sguardo triste.
Sono tornato a Reggio Calabria e l’ho capita di più, dopo mesi, facendo di meno, camminando un po’.
Lo scirocco è una bella donna: ti innervosisce, ti fa strizzare gli occhi, ti ammutolisce costringendoti appunto a serrare la bocca impaurito dalla sabbia, è un vento che scompiglia, confonde, ti svanisce, ti fa voltare, cercare una direzione, che stordisce, imbambola appunto.
Arriva dalla Libia, fa centinaia di km, arriva forte in Sicilia, smorzato ma assolutamente distinguibile a Roma, soffia in maniera determinante e prepotente a Palermo. Porta la pioggia, quella di sabbia rossastra, soffia di tre giorni in tre giorni, da sud est.
Non è il monsone, più misterioso e complesso, più devastante, ma è un vento misterioso che mi fa pensare a certi vini profumati e bianchi del sud, a certe donne un po’ scure e profumate, alla gente semplice che grida nei vicoli, ai dolci tanto dolci di Sicilia o peggio ancora a quelli stucchevoli del nord Africa.
Lo scirocco stanotte non mi fa fumare uno dei miei sigari che invece vorrebbero uno stato di quiete, una bruciatura regolare e non uno schiaffo qui e là. Questo vento mi fa uscire solo se serve, mi fa rifugiare senza motivo, mi fa pensare sempre a Volver, il film, alla gente che diventa pazza, che corre con le mani nei capelli, che parla tanto in dialetto, ad una perdita di freni. Lo scirocco è una donna.
Una modesta ma colorata ruota panoramica attrae le persone qui e pare perfino impressionarle relegandole ad un “mai visto” ed una semplicità di altri tempi. Io non sono vestito come vorrei e col bavero sottile della mia giacca faccio finta di non pensare al vento.
In molti scattano foto banali aspettando il colore delle luci che ritengono migliore: i telefoni cellulari ci hanno disabituati a tante cose, comprese quelle di cogliere davvero gli attimi. Abbiamo in mano potenti e microscopiche macchine fotografiche ed andiamo in giro scattando fotografie controluce in pose sgraziate e stupidamente ricercate. È come avere a disposizione tutti gli ingredienti e mangiare solo pane ed acqua.
Alberghi tristi dalle finestre scalcinate sorvegliano “Reggio Lido”; molte auto di lusso parcheggiano nei bar in vista cercando una incomprensibile e fastidiosa vetrina; ragazzini fumano atteggiandosi e tutto questo mi pare una moderna borgata romana, un declino inaccettabile ma non cattivo, solo scioccamente determinato ad emulare.
Di colpo sono infastidito ed irrequieto, voglio rientrare e mi dico che è colpa dello scirocco, come al solito
Penso che domattina vorrò camminare, che vorrò godermi il fresco del mare, che è meglio appuntare e non scrivere perché ci ho provato anche prima e le dita mi andavano ora lente ora troppo veloci accumulando fastidiosi errori. Ho due idee, una l’avevo pensata appena sveglio anni fa, in Thailandia, l’altra poco fa facendo la doccia: devo trovare il tempo, assolutamente, altrimenti ci starò male.
Intanto non prendo sonno, guardo un vecchio film violento e bellissimo (Il Cattivo tenente), ascolto in cuffia la colonna sonora, a volume altissimo, canto mentalmente, è una canzone che mi strugge.
Sonnecchio sempre sul letto ancora coperto, so che è sbagliato, che è sporco, che è pure fastidioso alla pelle, ma nudo li sopra sono nudo davvero, come nascosto, reso libero dalla non conoscenza del posto che di volta in volta vado vedendo, approcciando, da una anonimato soddisfacente. Tengo sempre giù le tapparelle, come a casa, esco poco perché poi mi pare sempre più deludente dell’idea stessa di farlo, dell’immagine platonica dell’aria, del clima, della temperatura, degli scorci da vedere.
Tutto mi pare sempre almeno leggermente più brutto e quindi rientro, perdo tempo sul copriletto, apro la finestra e da dietro la tapparella mi piace ascoltare il rumore della strada, aprire e verificare il quasi silenzio della notte, confermare che non sono mai totali né la notte né il silenzio.
Mi piace scrivere, ricercarmi, vedere film e leggere libri, viaggiare per scoprire, come per immergermi. Non ho tempo, è un peccato, uno spreco, una vergogna che mi fa rabbia, tanta, che impaurisce ed irrigidisce.
È lo scirocco continuo a dirmi: mi tormenta come te, ogni giorno, sopratutto quando sei a casa e non qui con me.
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