Charles Aznavour
Ott 03
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Sinatra ed Aznavour che musicalmente sono differenti, che hanno una storia umana profondamente diversa ed un genere canoro che per estensione ed ambientazione i puristi direbbero che poco si accostano,sono stati forse gli ultimi veri sex symbol di un certo livello, fatti di parole ed atmosfere raffinate, di vini freddi e frizzanti al punto giusto, di notti umide spese al bancone di un bar, di chiacchiere lente e donne meravigliose da tenere sottobraccio. Ecco perché io li accomuno.
Un cantante, un attore, un ambasciatore, un uomo che non seppe mai dimenticare le sue radici e che seppe vivere offrendo ad altri armeni la possibilità di salvarsi, di emanciparsi, di andare altrove.
Un giorno una giornalista italiana (Milena Gabbanelli) gli chiese quanti soldi avesse speso per i voli che aveva pagato ai profughi armeni:; lui semplicemente rispose che non conosceva né il numero né la spesa e che non gli importava dei soldi perché non sarebbe voluto essere il più ricco del cimitero.
Il genocidio armeno del quale i libri di scuola raccontano poco, i genitori sopravvissuti ed immigrati in Francia: questo il contesto nel quale Chahnourh Varinag, Aznavourian nasce a Parigi nel 1924.
E così lui, dal nulla, scoperto dal “passerotto”, Edith Piaf (appunto soprannominata così, piaf, per la sua corporatura esile) e portato in tournée per la Francia prima, negli stati uniti poi.
Aznavour per me è il ricordo di me che guido l’auto di mio padre fra le curve andando su in Umbria, tenendo i finestrini aperti per il caldo godendomi lo stupore della gente del piccolo bar del paese che si gira per il volume alto e le canzoni demodé.
Cosa rimane di quelle atmosfere di serate chiusi impermeabile, camminando, delle serate a struggersi per amore, a chiedersi,a sperare, a scrivere, a bere e fumare?
Aznavour rappresenta le canzoni che già da anni i più definirebbero melense e fuori dal tempo ma che invece chi ha orecchio per la musica e cuore appassionato ha imparato a canticchiare sotto la doccia, guidando, sognando un amore grande, adulto, in grado di travolgere, un amore appunto da film, da gentiluomini col fazzoletto di stoffa e barba sempre di buon taglio, un amore di sigarette di classe ed accendini di rilievo, di serate in locali eleganti senza il chiasso di una musica invadente, di locali pieni invece di artisti, e persone di spicco, registi altezzosi.
Canzoni che rappresentano pur senza averne l’assoluta pretesa intere generazioni, momenti speciali per antonomasia, momenti da fissare quindi, atmosfere di certi film di una Francia da sempre innamorata, di anni nei quali l’Italia intanto imparava ad amare arricchendosi di spunti interessantissimi tipo il buon vivere, le serate raffinate, i balli stretti stretti, i giovani ed i primi amori, i loro dubbi, le estati al mare di certe pellicole italiane che ancora oggi sentiamo il bisogno di andare a sbirciare proprio perché dal potere fortemente evocativo.
Ecco non avrei voluto gente che alla macchinetta del caffè, in ufficio, potesse parlare di Azanvour esibendo qualcosa di parziale, didascalico.
Anche il mio scritto è poco ma di certo più delle facili notizie scritte e lette negli ultimi giorni, non fosse altro per la passione e la perseveranza di certi ascolti di anni va.
La musica non è per tutti, “la musica e la vita sono questioni di stile”, diceva Miles Davis, per cui questa maniera frugale di trattare un tema, un genere, una biografia senza darne le sfumature più emozionali, mi. Infastidisce, ferisce, tanto!
P.s. credo che il tipo seduto davanti a me sorrida per le mie smorfie interpretative nei momenti di estensione canora più significativa.
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