Viaggi: la teoria della grande cacca

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C’è un esatto momento in ognuno dei miei viaggi itineranti e ci penso proprio ora che dovrei organizzare a meglio il viaggio in Cina, ora che non ho tempo e che sto indietro e mi sento come quanto sei in cassa al supermarket e la cassiera è molto più veloce di te a passarti i prodotti mentre cerchi di imbustarli.

Fra le tappe, nel bel mezzo del tutto, sono spesso sopraffatto dalla smania di andare, di allontanarmi e perdermi, scoprire, mangiare e camminare.
Poi tutto d’un tratto comincio a pensare al ritorno e questo accade soprattutto (che mi piace sempre come parola perché ha 4 T e mi ricordo pure la voce della maestra che mi rimarcava questo concetto)  quando non ho neanche il biglietto di ritorno quindi 99% se viaggio in moto.
Così mi ritrovo spesso a pensare a tornare ma la malattia mi avvelena ancora e combatto e sento che devo andare ancora e procedo così in un loop infinito. Continua a leggere….

Parigi

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Così è luglio,  il 14 per la precisione, ed arriviamo a Parigi che ci sembra proprio di prenderla, di conquistarla così come successe anni indietro, lo stesso giorno, alla presa della Bastiglia.

La sensazione è appunto quella di una quiete diffusa come dopo una gran bagarre.
In realtà in mattina c’è stata una parata di commemorazione, che abbiamo perso, e che verrà ricordata come la parata degli errori, delle gaffes tanto per rimanere su termini francofoni: due motociclisti intenti in evoluzioni si centrano in pieno mentre poco dopo la pattuglia acrobatica sbaglia i colori dipingendo nel cielo una bandiera altrui.
Lungo i viali ordinati non c’è traffico né gente che affretta il passo: forse effetto del caldo di un sabato pomeriggio di prima estate, forse effetto del rifiatare annoiati dopo la parata ed in attesa della finale dei campionati mondiali di calcio del giorno dopo.

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