La Cina è meno lontana

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La Cina dell’immaginario collettivo è la grande muraglia cinese, è il devoto esercito di terracotta, è l’insieme imperscrutabile delle dinastie dai nomi che se pronunciati sembrano il suono di una molla sgangherata.

La Cina è il paese delle bici, di operai meravigliosamente dediti, dei regimi totalitari, dello spirito di abnegazione, di fabbriche e vecchie stirerie, di caldo e vecchie fumerie d’oppio. La Cina per quasi tutti noi italiani è dei film oppure al massimo quella dei negozi economici qui a Roma, in piazza Vittorio.

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E’ finita un’altra stagione: balle!

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Poi mi ricordo il fresco della mattina d’estate, quando mi svegliavo presto e mi godevo il silenzio della campagna mentre in casa c’era solo nonna e la scuola era finita.

Così ancora intontito dal sonno, appena sveglio fra noia e nessun motivo, seduto all’ombra del patio, mi stupivo di quel fresco impensabile considerato il caldo del giorno pieno.
Mi lasciavo cacciar via dal sole e rientravo per colazione: Roma era già lontana e spendevo le serate fra tv e radio, pensando a quale lavoro avrei potuto fare per pagarmi la moto, qualche viaggio. Ero convinto sarei rimasto solo e che non sarei stato nemmeno triste. Non felice, ma nemmeno triste.
Semplicemente rientravo in cucina e parlavo un po’ con nonna fissa davanti alla tv con quella sua vestaglia a fiori che portava così spesso che ormai non so nemmeno più se avesse o meno altri vestiti.
Stamattina ho risentito quel fresco, esattamente quello, mentre ero al binario 3, mentre con gli occhi appiccicati mi nascondevo dal sole dietro una colonna del sottopassaggio. I papaveri dei binari sono già andati via, non è più il loro periodo: ogni anno è come se venissero in ferie un paio di settimane, come se la linea dei binari fosse il loro lungomare e loro i tedeschi anni 80 della riviera romagnola.

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