Darwin
Lug 25
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L’autobus per l’aeroporto di Perth è in ritardo e mentre siamo in allerta pensando di prendere un taxi finalmente compare all’orizzonte, sbiadito dalla solita pioggia. L’autista si scusa e ci spiega che in questo caso non siamo tenuti a pagare il biglietto. Questo fa il paio con il mancato pagamento all’arrivo: ci avevano indicato di poter pagare con carta di credito ma una volta saliti l’autista ci ha spiegato di poter accettare solo contante che, essendo appena arrivati, non avevamo in tasca. Risultato? Non fa nulla, stavolta non pagherete, salite!
Il volo è costoso (400€ a testa) ma più economico e veloce di un’auto a noleggio: arrivati a Darwin ci accoglie un clima del tutto diverso: sole e 20 gradi con un clima secco.
Cercando l’appartamento nel quale abbiamo prenotato la mostra stanza (tramite air b&b che però risulta costoso e deludente) ci siamo imbattuti in un vecchio piuttosto loquace e gentile desideroso di aiutarci e che da come parlava tradiva origini italiane: è arrivato qui da Treviso nel 1968, si è goduto Darwin vuota, senza palazzi, così ci dice sorridendo: ecco perché non conosce le persone che stiamo cercando. Vive in una casa a mo di palafitta, una casa che comprende il posto per la sua auto, una casa bianca e di legno, ben tenuta, che tradisce tradizione ed impegno. Sorride sdentato e ricurvo parlando un italiano appannato e misto sd inglese ormai fatto suo. È felice di aver incontrato per caso, in qualche modo, un pezzo della sua storia.
“Buona fortuna”, ci dice chiudendo il cancello e rinunciando causa nostra fretta a quattro chiacchere che avrebbe pagato per fare. “Ah, una cosa, da dove venite?” ci urla quando siamo già lontani, e quando ormai posso vederlo solo fra gli spazi della palizzata bianca. “Siamo di Roma” grido fiero, e vorrei potermi fermare a dire e fare, tenere compagnia, imparare.
Darwin è un avamposto per i parchi nazionali del Kakadu e Litchfield: una cittadella composta principalmente da 3 grosse vie parallele zeppe di ristoranti, agenzie turistiche, ostelli e qualche hotel vero e proprio.
Di fatto a parte un museo cittadino (gratuito) con una mostra permanente di dipinti aborigeni ed una mostra che racconta il ciclone che nella notte di Natale del 1974 distrusse quasi del tutto la città, c’è veramente poco da fare e vedere.
Così il tempo scorre lento e c’è tutta la voglia di dedicarsi all’organizzazione. Abbiamo speso un giorno intero ad organizzare le nostre prossime tappe, a fare scorte di cibo e di attrezzature per le escursioni nei parchi: qui le piccole agenzie offrono molti tour di uno o più gironi e praticamente tutte si equivalgono fra prezzi e possibilità: basta chiedere, mostrarsi dubbiosi, dire di volerci pensare su, confrontare l’offerta con le altre. Spesso sono i venditori stessi che esortano a chiedere a colleghi di altre agenzie che offrono prodotti più adatti alla richiesta. Su Mitchell street è impossibile non trovare una soluzione.
Rumorosi fuoristrada carichi oltre ogni limite sfoggiano i loro muscoli sulle vie principali mentre caravan con taniche di acqua e benzina caricate sul tetto continuano a partire verso le strade rosse che vanno verso sud. È il mito, la leggenda dell’outback australiano ad attirarci tutti qui come fossimo insetti attratti da una lampada, a spingerci giù verso sud nella pancia del paese, verso quel deserto rosso ed isolato.
E come insetti giriamo e giriamo mai contenti di una posizione, di una direzione: ora sbattiamo contro l’intoppo del prezzo, ora contro quello del tempo, poi sulla distanza e via daccapo, riorganizzando, appuntando, riempiendo le tasche di fogli e di appunti, di mappe stropicciate e scontrini. Alcune auto qui sembrano mezzi più adatti alla conquista di marte che ad una escursione: la sensazione è che il 90% si stia atteggiando e che non ci sia affatto bisogno di tutto quel rumore e di quella ferraglia seppure le strade e le escursioni sono assolutamente impegnative e non proprio adatte a tutti: lo dimostrano i km da percorrere, i pericoli fra animali e clima, i negozi di attrezzature da campeggio che riservano attrezzi mai visti prima e soluzioni di ogni genere.
C’è da fare, scegliere, pensare, imbustare, selezionare cosa portare, fare e disfare lo zaino, provare a piegare le cose in modo diverso.
Le escursioni sono in lavoro,lo dimostrano gli 11 km che abbiamo camminato oggi in città solo per organizzarci e per andare a cenare: capito perché il paragone degli insetti che si muovono senza sosta attorno alla lampada è calzante?
Le strade, al netto di voler fare deviazioni su sterrato, sono tutte ben asfaltate ovunque si vuole arrivare, segno che si, goi australiani ed alcuni turisti sono assolutamente, inutilmente eccentrici.
Cosa resta? Mindil beach, e non è poco. Una spiaggia poco frequentata in questo periodo, distante un paio di km dal centro. Li ci si raduna la sera per guardare il sole tramontare: una scena ed un paesaggio troppo romanzati dagli abitanti del posto e da forzati poeti dell’ultima ora impegnati ad impressionare qualcuna delle belle conosciute in ostello.
Io che la bella ce l’ho al seguito non ho potuto né voluto evitare la scena romantica: Mindil beach conserva in effetti un fascino di vuoto e di libertà, di spazio e di respiro, un fascino forse proprio derivato dalla calma e dalla poca gente presente. Di sera offre un tramonto senza scorci panoramici, fatto per lo più di piccole barche a vela che inseguono la chimera dell’orizzonte, di giorno è mare comune, spiaggia nemmeno attrezzata.
È nel fine settimana che si anima per via del mercato: un food court orientale mescolato ad australiani artisti di strada e musicisti. Il suono del didjaridoo si mescola al fumo della carne, agli odori delle spezie. Svelti ad andare, il mercato apre nel pomeriggio e chiude alle 21. Alle 21 nel senso che alle 21 è già tutto chiuso: la nostra corsa è stata premiata dsgli sconti dell’ultima ora offerti dai vari stand. Se siete a Darwin nel fine settimana dovete andarci peffforza, con 3 f.
Cosa ci aspetta? 3 notti, 2 giorni al parco Kakadu dormendo in tenda, senza corrente elettrica. Natura, animali, trekking, “tutto qui” e speriamo qualche canguro, finalmente.
Torneremo qui poi e prenderemo una macchina con la quale andare giù a sud percorrendo la stewart highway. Ho già una mappa, delle tappe, mille idee che mi ronzano in testa.
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