Matera

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Matera è polvere e sole alto, un sole che fa gialli i muri di tufo; è cielo livido di fatica operaia, è vicoli e sassi, scale e cunicoli, cisterne e cantine fresche di un umido denso, è cucina violenta e primordiale.
Matera è il rosso stanco ma intenso dei coppi che uniti formano le grondaie, è le terrazze da cui fissare un presepe vivente e scoprirne i particolari, è una strada di pietra lastricata e scivolosa, è afa con tutt’attorno campagna. 

Matera è grotta buia e poi luce, è chiese rupestri, è una passeggiata fra i campi e le grotte immaginando riti pagani, un popolo arroccato e fermo in idee e tradizioni, impegnato in artigianato e pastorizia, in una gastronomia di conservazione a malapena, fatta di farine grossolane, di formaggi e salumi piccanti.
Matera è stata la fame nera, il buio della vita nelle grotte, nei Sassi, è un periodo oscuro e noncurante dell’Italia, è un sud nero ma mai arrabbiato, emaciato.
Matera è una epidemia scatenata dalle condizioni inumane del popolo, dal suo essere arroccato fra i sassi in case indegne del loro stesso nome, dalle fognature inesistenti e dagli escrementi di animali ed umani gettati in buche ricavate nel pavimento delle case.

Matera è mosche fastidiose che assediano gli occhi lattiginosi dei bambini visti nei documentari, letti nel libro di Carlo Levi, è gli asini che dormono in casa scaldando tutti se è inverno, che rifiatando al fresco di grotta in estate.

Matera è stata sporca malata, è insultata da una politica che tardivamente si è accorta di lei. Matera è l’insulto di costruttori e dei progetti di sviluppo che non l’hanno mai veramente risollevata, è il risultato di promesse elettorali furbe e malandate. Matera è la chimera di cambiare, di fare fortuna uscendo dalle campagne, rinunciando a grano ed animali, correndo verso un industria mai realmente avviata.
Matera è oggi più consapevole e furba, fortunata a poter raccontare di passata sfortuna, a sfruttare proprio quei sassi che l’avevano soffocata, quel labirinto di case arroccate ed una quasi auto imposta inspiegabile condizione di povertà, di miseria umana.
Così Matera nel 2019 sarà capitale europea della cultura e così mi mi si è mostrata il 2 giugno 2017, fra dialetti stretti, cacio ricotta, pastasciutte saporite e vino intenso.
Mi viene in mente cosa scrisse Goethe dopo aver visto la Sicilia e penso che seppure in parte notevolmente più piccola questo possa valere anche per Matera e per la storia dei sassi, una storia ben raccontata nel documentario d’epoca che abbiamo avuto la fortuna di vedere e grazie al quale abbiamo avuto una essenziale chiave di lettura che ci ha permesso di saltare al di là di quell’apparenza sfocatissima di amena cittadina rupestre e di lussuosi ed innovativi hotel.
Così, questa è Matera.
P.S.
“L’Italia senza la Sicilia non lascia nello spirito immagine alcuna. E’ in Sicilia che si trova la chiave di tutto, la purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra. Chi l’ha vista una sola volta la possederà tutta la vita.” Johann Wolfgang von Goethe

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