TransCiociaria
Lug 22
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Quando comprai questa Vespa lo feci per passione motociclistica ma anche spinto dai ricordi di una Roma e di certi anni che furono, di pomeriggi e sensazioni impossibili da trasformare in parole. Ne scelsi una uguale a quella con la quale imparai a guidare “con le marce”, quando ero così piccolo che per gli altri era strano riuscissi a pestare sulla pedivella per mettere in moto.
Il terzo motivo lo scoprì dopo, sulla scorta della spedizione a Caponord, in moto: un motivo affiorato piano piano, emerso dal mare di paesaggi e km che quel viaggio aveva significato. Pensai ancora una volta che non sarebbe stato quello il momento di fermarmi e cominciai una serie infinita di progetti così complicati ed emozionanti, così grandi, da dover essere messi da parte.
Il viaggiare era allora ed è oggi il centro dell’idea.
Così domani partirò ancora.
Stavolta, in Vespa. Il motivo? È un mezzo che più che vecchio definirei esperto e si sa, agli esperti ci si affida del tutto. Ha visto km e strade che non ci sono più, un’Italia fatta di trattorie e balere, paesi polverosi, colli verdi e campagne operose, piazzette scalcinate e poi un boom economico, ragazze con la gonna sedute di lato, ragazzi che guidavano felici e sbilanciati dal peso della bella in equilibrio precario. La Vespa ha visto una Roma che pareva più eterna e dove tutto sembrava possibile. La Vespa sa, conosce.
Basta sapersi fermare, aspettare, gustare la lentezza di quel motore, di quella guida, accettare quei capricci di certe mattine quando non vuole partire, come fosse stanca, assonnata.
150 km circa; il viaggio a prima vista vi sembrerà breve da non poter meritare quel nome, ma la Vespa ed io siamo vicini ai 40 anni così che serva allenarci, procedere per tappe per avvicinarci al progetto più grande che non ho ancora abbandonato.
Così domani partirò; il motore è pronto, il piccolo bagaglio da portare non ancora, come in tutti i viaggi che si rispettino.
TransCiociaria, la prima tappa, il giro zero, non una prova, un allenamento, “ecco tutto”. La Ciociaria, una “regione” fra le poche ad essere ancora agganciata a quell’idea di Italia, ad una semplicità ed ospitalità saporite, a piatti tipici e prezzi bassi, fatta di paesaggi rurali puliti e sgombri da troppo cemento.
Rigorosamente su strade statali, passando per paesi, fermandomi ai bar per rifiatare e far rifiatare lei, fumando un sigaro: la Vespa non conosce autostrade, non tanto per cilindrata quanto per epoca, perché quando viaggiava lei certe lingue di asfalto non c’erano mica così come non c’era la fretta se non quella di correre dalla propria bella.
Ed è quello che farò io.
Cosa portare lo so per certo: olio di scorta per fare miscela e per stupire il benzinaio lungo il percorso, un misurino per misurare l’olio stesso, un pacco di sigari toscani, crema solare perché qualche ora ci vorrà e perché il sole di luglio picchia forte, qualche chiave inglese, una candela di riserva, forse cavi gas e frizione di riserva, il portafortuna dei grandi viaggi che mi ha regalato Gianvincenzo, telefono per fare foto e speriamo non chiamare soccorsi, batterie di riserva, tanta fiducia, il ricordo di mio padre, la rabbia di non potergli parlare, raccontare e farmi consigliare.
È un viaggio iniziatico in qualche modo. La TransCiociaria, un nome altisonante che richiama grandi treni, grandi viaggi, paesaggi e regioni che cambiano viaggiando.
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