Io non so perché ma stamattina il treno è pieno di anziani che discutono fra loro completando cruciverba di varia lega. La differenza fra i settimanali, alcuni dei quali hanno copertine a colori sbiaditi già in partenza mi trasmette quell’odiosa sindrome del comico che non fa ridere che sento chiarissima guardando tutti quelli che non sono La settimana enigmistica. “Inadeguatezza”.
Cercano parole differenti da quelle comuni e certe volte ne discutono il significato. “Desco, come posso spiegarti ?”.
Hanno visi più espressivi e riescono a comunicarmi a distanza disappunto, stupore ed approvazione solo guardandomi, riferendosi a quei giovani seduti più in là. Cercano parole desuete ma saporite. “Che significa desco”? Chiede l’uomo del tutto incanutito ma distinto mentre dietro a lui qualcuna si lamenta della seduta opposta al senso di marcia.
“Vedi se c’entra”, e lo dice facendo un gesto con le mani come per spiegare il significato della parole.
Io invece leggo altre parole; leggo della morale laica del Dalai Lama e su quello che ne sarà politicamente del Tibet dopo la sua morte e sto male dalla smania per non esserci ancora mai stato. Sento che devo affrettarmi.
Penso che sia solo un altro venerdì e che sono come al solito molto stanco dall’accumulo di una settimana, da qualche paura, da qualche progetto come quello dell’album delle figurine dei musicisti famosi: un album completo di pagine di aneddoti, spiegazioni complete delle cause e delle dinamiche della loro morte. Penso che sono stanco ed innervosito dalla disattenzione che poi è un indice di mancato rispetto, penso che certe cose siano fuori luogo e che non andrebbero né dette né tanto meno pensate, che siano forzate.
Stasera allenerò, domattina laverò i piatti. Mangerò un po’ sul treno poi e questo un po mi piace perché “fa molto viaggio” e mi ricorda del pad thai mangiato alla stazione sudicia in Thailandia, del jungle train, in Malesia e di tutta l’Asia che pare mancarmi ogni giorno.
Adesso invece penso che mi piacerebbe che la prossima parola che cercheranno per il loro cruciverba fosse appunto “odeporico“, ma qui al mio posto a sedere c’è una presa di corrente che mi ricorda che sto scrivendo dal mio tablet e così penso che vorrei una parola diversa, tipo “desueto“, oppure “atavico“.
Ma finisco col credere che qui attorno a me siano tutti un po “reazionari” e “recalcitranti“.
Forse un pellegrinaggio? Dov’è che vanno con i loro orologi da polso dal cinturino marrone, con i loro fazzoletti di stoffa, il loro essere puliti ed ordinati, così educati da invogliarti a guardarli?
I loro telefoni cellulari con i quali avvertono i figli circa lo stato del viaggio sono il segnale di una evoluzione moderata, di una fedeltà al loro essere.
Alcuni sono vedovi e sono qui fra amici senza compromissioni di sorta né pensieri maliziosi. Sono qui attorno a me con nient’altro se non l’estrema bellezza ed il piacere di spendere tempo senza doverlo necessariamente misurare, sono qui con l’archetipo dell’idea di viaggiare anche se il tutto è relegato in quel che possono relativamente alla loro condizione.
Sono portato a credere arrivino a Roma per questioni legate alla religione ma questo è riduttivo e prevedibile e mi fa sentire molto povero ed infelice: accade nell’attimo esatto in cui penso che magari qualcuno di loro, specie una donna, non so bene perché, potrebbe essere una docente di storia dell’arte ormai in pensione e che tutti insieme faranno un giro per Roma, fra monumenti, citazioni, latinismi e scorci di vicoli un po sudici ma così assolati e beceri da poterli definire irrinunciabili.
p.s.
Tu lo capici Duke Ellington?