Gen 29
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Ci sono certe zone di Roma che odorano di niente.
Tipo fra viale Europa e viale America dove gli altisonanti nomi della toponomastica si abbinano a depressione urbanistica, a quartieri dormitorio dove la sera tutto è spento e vuoto. Queste zone sono fatte di ministeri, grossi edifici che riposano come anziani pachidermi silenziosi.
Qui ci si capita solo per lavoro, come me stamattina. Qui ci incontri di quella gente che alle 10 di mattina non so come né perché, porta a spasso il cane mentre parla al telefono. Indossano dei cappelli di lana, orribili; cappelli che sicuramente gli danno prurito sulla fronte e che io non saperei sopportare. Io gli cammino sempre dietro dietro perché cerco di capire ascoltando la loro conversazione ma poi capisco sempre che questi qui c’hanno i soldi e pensano che li si viva bene.
Io anche oggi ero in anticipo: mi piace girare per le strade, conoscere le zone, sentire certe dinamiche e problemi dei negozianti del posto, vedere quella tale zona o l’altra che edicole ha, se c’è un bravo calzolaio del quale a volte vado anche chiedendo senza motivo.
Mi piace sempre dirmi, come è vero, che “per una serie di motivi” si sta meglio dove sto io oppure al massimo dove stavo da ragazzino: ma quello lo accetto perché si sa, non tornano mica più quei tempi lì.
Provo sempre ad andare nei bar, ma non ne scelgo uno moderno, me ne serve uno mezzo e mezzo: lo capisco dalle paste che vende se è quel bar che cerco io.
Ma in quelle zona ci sono solo baristi bruschi, sbrigativi che servono cornetti mal cotti: lo fanno perché sei di passaggio e non gli importa se poi vai via insoddisfatto.
Lo fanno sempre: io quando me lo passano dico sempre “eh certo, cornetto malcotto” e poi ghigno sicuro di me.
Sono bar costosi nei pressi di costosi negozi di scarpe dove lavorano commessi fantasma, disattenti. Il fastidio di quei bar cresce quando sento che i baristi non curano il cliente e parlano solo di calcio.
Stamattina ero più nervoso perché poi ho scoperto che hanno chiuso uno dei due negozi per cui, a parte il lavoro, andavo in zona.
Il barista disattento parlava solo di calcio e non rispondeva al vecchino che blaterava di certe zone della Sicilia che diceva fossero bellissime ma che secondo me non ha mi visto. Gli chiedeva di quel regista del commissario Montalbano, di porto Empedocle.
“E’ Camilleri! Ma è uno scrittore.”, ho tuonato infastidito facendogli sgranare gli occhi e zittendoli.
Fuori c’era ancora foschia nei parcheggi, in quegli orribili parcheggi disordinati e sporchi di aghi di pino che il comune non pulirà mai: di sera quei parcheggi vuoti sanno mettermi a disagio. Io evito sempre di andarci da solo anche perché se fossi solo non potrei dirne male a nessuno.
Da solo posso andarci solo di mattina, come oggi oppure in quei giorni di ferie che mi prendo raramente sprecandoli così a chiedere del calzolaio dove non andrò mai.
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