Vietnam. Fra colonialismo e guerre estenuanti

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Nel rumore sordo del motore ho ritrovato la voglia di leggere un po delle notizie accaparrate settimane fa e rifiutate per la stanchezza e per quel subbuglio che da sempre in qualche modo mi avvelena i giorni che precedono il volo.
Sono curioso, eccitato da fare pietà. Nei pochi minuti di sonno scomodo e disperato ho ripensato e sognato il gusto di certi paesaggi del sud-est asiatico, quei visi cosí diversi, impregnati di storia e di odori.

Tutta quell’area del mondo è stata scenario di colonialismo, guerre, indipendenze faticose e sanguinose: questo l’ha resa ricca ed affascinante, misteriosa ed ostile, guardinga.

La cambogia con l’autogenocidio del dittatore Pol Pot, il Vietnam con le sue guerre estenuanti.

Non ne conosco o forse non ne capisco bene, per scelta, i motivi pur avendone letto più volte. I libri di storia non possono aiutarci al di lá delle piú evidenti ed a volte scontate ragioni colonialistiche, degli stereotipi di conquiste minerarie e di espansione, di banali ed ormai anacronistiche ricerche di spezie e sapori da importare tornando a casa dopo anni di navigazione e cabotaggio.

Ma so una cosa, con certezza, una nozione e che ho maturato camminando qui giù.

So per certo che qui ci si ammala di non so bene cosa, che ci si ammala con un contagio dalla dinamica lenta ma insorabile. Un ingestibile richiamo, una bellezza ammaliatrice fatta di diversità ed usi da capire: da 15 anni continuo a tornare con pause lunghe al massimo una estate o due, so che a cicli più o meno regolari sento il bisogno di allontanarmi da quel degrado che è l’abitudine al vivere.

 

Il monitor del piccolo schermo pare mostrare un tempo di arrivo infinito, un numero di km inesauribile se misurato col metro della noia e della delusione per via dei film che su questo volo sono scarsi e solo in lingua vietnamita (Vietnam airline) microscopicamente sottotitolata in inglese.

Per lo più storie di villaggi, di pescatori e di tradimenti, di onore ferito, di duelli e di inquadrature misto natura e pose eroiche: anche guardando i film di un paese se ne riconoscono i tratti storici e folkloristici cosí come li si capirebbero viaggiando.

 

Il primo passo è Hanoi, capitale del Vietnam: la storia del paese è incentrata su guerra e colonialismo. I francesi prima, colonizzando (1867 a sud), i giapponesi nella seconda guerra mondiale, ancora i francesi che a fine guerra, a seguito della dichiarazione di indipendenza del paese, tornarono alle ostilità, ed in ultimo gli americani: tutti respinti, sconfitti dopo guerre decennali, vittime delle colline, del clima caldo umido, della giungla fitta e misteriosa, intricata, della resistenza estrema, dei cunicoli, delle trincee e del nazionalismo fatto di combattenti veri, uniti in nome di una appartenenza, non religiosa, come invece altrove, ma quanto rurale, sociale, di vero insieme, fatta di un interesse popolare e quindi più forte e duratura, efficace.

I francesi caddero formalmente a Dien Bien Phu nel 1954: imboscata militarmente memorabile della quale si fa cenno nel libro che sto leggendo, Dispacci: un valido, belissimo ed intenso reportage di un inviato di guerra (1960-1975) che passò mesi fra le truppe americane in Vietnam, capitolate, anche se a fatica, dopo eventi che sarebbero divenuti mostruosamente epici, crudi, base della narrativa immaginifica e reale, struttura per le scenggiature di oltre metà dei blockbusters americani da quegli anni fino ai nostri.

Saigon, adesso Ho Chi Minh city, fu invece l’ultima roccaforte americana, simbolo del sud resistente al comunismo dei Viet Cong del nord

 

Non so ancora in quale sequenza né cosa esattamente Hanoi mi riserverà, se come previsto rimarremo due giorni o se prolungheremo.

Nel mirino c’è la baia di Ha Long a sole 4 ore, considerata una delle 8 meraviglie del mondo ( in ogni nazione pare essercene una ?!?!?).

Poi Laos, forse con un volo ancora da indagare, oppure con un bus ed un trasferimento di 30 ore che pensavo di spezzare in due dormendo proprio a Dien Bien Phu: ho letto che il napalm usato durante la guerra ha modificsto la natura per quantoquesta risulti ainostri occhiancora selvaggia, ho letto di cunicoli che collegsno villaggi e, purtroppo, di mine ancora sparse in alcune zone, di confini ancora visibili, di storie buone a sapermi tenere sveglio per la curiosità e l’eccitazione.

Nella maschera del sonno distorto dei vietnamiti qui in areo m’è sembrato di vedere un assaggio di tutto o forse l’entensione di tutto quello che ho metabolizzato leggendo e sognando quello che ora ha finalmente le sembianze di un viaggio qui giù.

 

  

 

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