Capodistria – Rjieka
Ago 20
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Ultima tappa, Rjieka, Fiume, come avevo detto.
Comincio lento come un pachiderma la manovra di rientro lungo strade statali.
Proverò una tappa unica di quasi 800 km ma se sarò stanco dormirò da qualche parte in Italia, magari su in Umbria nella piccola casa dei miei.
Fiume è una città piccola e carina anche se non così indimenticabile o pittoresca. Sono arrivato giustamente col mio compagno di viaggio, il solito temporale ed anche se la contrattura alla spalla va meglio di certo la nuova doccia non ha migliorato la situazione.
18 KR per la galleria che dalla statale porta qui a Rjieka : 5 km di nuova galleria seguita da periferia piuttosto vuota, e poi l’arrivo in centro dove c’è un grosso corso zeppo di negozi, qualche ristorante sul mare, una torre civica e davvero poco altro se non la storia della città che però potere leggere sulle enciclopedie piuttosto che vederla per le strade.
Stavolta ostello deludente ma bella compagnia: Kostantin ed il suo amico di colore del quale credo che non capirò ne ricorderò ma il nome.
Una cena insieme a suon di pizza e pseudo pasta che hanno insistito per farsi consigliare da me in quanto italiano ed ovviamente birre per le quali, stranamente, il cameriere ci mette in guardia a causa dei 4.5 gradi alcolici . Un avviso al quale non possono che seguire copiose risa dei due tedeschi seguite dalle mie.
Ho tolto ruggine al mio inglese, durante tutto il viaggio e credo sia stato importante, più che altro per conoscere, parlare, organizzarsi al meglio.
La città è piuttosto vuota e perfino bar e ristoranti chiudono presto. Cosi dopo cena siamo stati al porto, nelle insenature dietro al mercato dove nel mezzo dell’odore persistente del pesce abbiamo parlato di quanto la Croazia sembri poco “europea” e di quanto appaia arretrata nelle infrastrutture, nelle architetture degli edifici. I suoi supermarket sembrano usciti da un documentario sulla Germania est pre caduta del muro.
Lungo la banchina del piccolo porto abbiamo parlato, bevuto e fumato, poi senza motivo siamo rimasti un bel po in silenzio guardando le luci lontane. Non ho potuto fare a meno di pensare al Grande Gatsby e credo che in qualche modo anche loro fossero assorti alla stessa maniera .
Ci siamo arrampicati su un grosso muro di cinta perché l’idea di Kostantin era poter respirare il mare. La sopra è vero, c’era più aria ed eravamo più soli anche se “a terra” non passava che qualcuno ad intervalli di oltre 10 minuti.
Il gusto del tabacco là su ci è sembrato diverso e l’unico disturbo era la guerriglia delle barche attraccate che per le piccole onde, galleggiando, sfregano e combattono le altre come per guadagnare una posizione più comoda.
Un rumore continuo di piccole percussioni di chiglie e corde, rumori irregolari che seguono il respiro del mare.
Poi Kostsntin si è allontanato solo senza dire niente mentre io ero sdraiato sul muro guardando il cielo nero e l’altro combatteva con le zanzare. È rimasto a lungo lá, dove era sceso dal muro dietro agli scogli. “Cosa pensi che stia facendo?” , ho chiesto. “Credo stia pisciando” . Ma Kostantin guardava le luci come me, e la differenza erano l’età e la rabbia, il fatto che io conosco più luci e più notti alla Gatsby (oh Dio che gran libro).
“Dammi una mano qui” mi ha chiesto. Ha voluto lo aiutassi a sollevare una grossa pietra e che la lanciassimo lontano, con forza, ha precisato.
Dopo lo sforzo ha urlato nel vuoto quella rabbia che conosco e che Gatsby, invece, fumando, teneva dentro mentre guardava le luci lontane: “fuck yeah! ” a squarcia gola, per sfogarsi e poi come niente fosse chiederci di continuare a camminare verso il centro, parlando delle barche dei ricchi attraccate poco più a largo.
I bar erano già vuoti ma lo spazio per una birra ed altre parole lo abbiamo trovato. Tornati in ostello la sorpresa di nuovi ospiti in stanza: due grasse e stanche spagnole che continuano ad inciampare nei loro stessi bagagli.
Adesso sono pronto, non so perché. Sono pronto anche se non è successo poi nulla. Adesso sono sazio e sento la voglia di tornare a casa, svuotare le borse e lavare panni, andare a trovare Leo, passare da Carlo, riabbracciare GianVincenzo .
Guiderò lento, verso casa; avrò tempo, poi, e forse voglia, di scrivere ancora, di pubblicare altre foto e di rileggere il “Grande Gatsby”, di dare una forma migliore alle tante bozze che ho accumulato prima ed ora, durante questo viaggio.
Grazie ancora a quanti hanno scritto, seguito, letto e consigliato durante questo viaggio. I vostri messaggi sono sempre benzina preziosa per me. Un grazie particolare va a Leonardo che da casa curiosa, indaga, consiglia e supporta, sempre.
Mi addormento ascoltando musica (Vale g, grazie per regalo!!!) ‘ “Luci della centrale elettrica”:
“Pensa ai giorni sacri che abbiamo passato assieme e a questi giorni invece davanti a te come dei rettilieni…”
Questo articolo è stato scritto in precedenza ed ora auto-pubblicato: mentre lo leggerete sarò infatti prima in viaggio verso Rjieka, e poi guidando lentamente sulle strade statali fra Croazia, Slovenia ed Italia.
Massimo.
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