Luci fioche
Ott 30
Racconti autobus di notte, explicit, l'ultimo metro', massimo soldini, Metro', piazza vuota No Comments
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Quando spense la luce della lampada sulla scrivania rimase un po’ al buio, in piedi accanto alla sedia vuota.
Una nuvola di fumo saporito gli cerchiò la testa mentre guardava fuori dalla finestra , mentre la luce itterica del lampione sull’altra sponda della strada addormentata vigilava su niente e su nessuno.
Sentì la sensazione di aver messo un punto al suo lavoro, di aver terminato finalmente qualcosa e che andare a casa, anche se svuotato come si sentiva da giorni, sarebbe stato meno doloroso ed in qualche modo meno impegnativo.
Uscì senza fare rumore, nascondendosi nel bavero del giubbetto sproporzionato al freddo già arrivato.
Nel vento umido del tunnel del metrò riconobbe l’odore dei freni surriscaldati. Si annusò i baffi impregnati del fumo denso del sigaro. Pastoso e rassicurante quell’odore sapeva di legno e cuoio, vecchie e futilissime sensazioni miscelate a ricordi e stereotipi legati a uomini, bevitori e grandi amanti.
Lo invase un’inspiegabile delusione che non seppe ricondurre a nessun fatto vissuto e che archiviò, sbadatamente, come un giorno sbagliato, “una giornata storta” : una definizione in cui non seppe riconoscersi e che finì per lasciarlo svuotato ed innervosito più che mai.
L’espressione triste degli autobus notturni che passeggiavano rumorosi , scassati e vuoti l’accompagnò mentre suonava gli ultimi passi sul ciottolato della piazza: un lampione circolare assaltato da svogliatissimi insetti gli catturò lo sguardo per qualche attimo: senza i tavoli del bar lì nel mezzo, senza il vociare degli avventori la piazza era come non l’aveva mai vista.
Si sentì come dopo un miracolo non compiuto
Come explicit della sua giornata, salire a casa così senza due parole ne l’ultimo bicchiere, questo di certo non era il massimo come non lo era giocare a fare il filo alla puttana giù all’angolo, stanca, svogliata e sporcata da una vita che aveva scelto anni fa.
Così salì le scale e seguì l’impulso di tornare a pigiare veloce sui tasti senza nemmeno pensare al filo conduttore d’ogni parola.
Scrisse solo pochi minuti e rilesse per un ora: mancava sempre il finale, un po’ come alla sua giornata. Un po come a questa pagina.
Massimo
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