Un meraviglioso declino

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Fitting-Room

 

Sono entrato alla Sisley senza un’idea vera e propria, ne sono uscito con la chiarissima convinzione che i camerini sono progettati male.

Perché sono così piccoli, sporchi e stretti? Do gomitate ovunque, vestendomi.

Non ci sono punti di appoggio, sgabelli per sedersi ed allacciarsi le scarpe e più che altro quello che non dovrebbe esserci, c’è: lo specchio.

Perché installare uno specchio sul quale sparare luci fortissime in un ambiente di appena 1 metro quadrato ?!?!?!?

I difetti paiono cerchiati di rosso e così un’ evidentissima pancia sbuca da ogni abito che stai provando, le rughe aumentano proprio mentre strizzi gli occhi per mettere a fuoco quella bollicina così rossa che non ricordavi, le occhiaie sottolineano che il tuo sguardo è quello lì, da un sacco di tempo…

Lo specchio andrebbe benissimo solo fuori, fuori dove potremmo  guardarci a debita distanza da noi stessi e non come fossimo ingranditi sotto alla lente di un microscopio.
Fuori, solo fuori: invece c’è anche dentro e quando fuggi dal camerino ormai sei spaventato da te stesso e nello specchio in fondo al corridoio del terrore dei camerini del negozio hai già il sangue avvelenato e non riuscirai più a guardarti apprezzandoti.

Così, impalato davanti allo specchio, continuavo a pensare d’aver fatto perfino la fila per entrare lì dentro dove poi avrei sudato per il calore dei faretti da stadio e dove mi sarei maledetto per la barba male rifilata: per quella avrei potuto far qualcosa, per la pelle del viso oppure per il naso così grosso no, ma almeno per quella.
Ed invece no, avevo sbagliato. Anche quella.

La commessa continuava a ripetere: “insomma, che ne pensa?” Eh io ero fissato a guardarmi allo specchio, ancorato al pensiero che anche lei mi vedeva invecchiato, invecchiato fino a darmi del “lei”: e mi sentivo un vecchio che mette i jeans col mocassino, una scarpa elegante sotto la tuta.

La luce abbagliante brillava sulla mia barba “cacio e pepe” e mi sentivo un po’ solo sotto i riflettori di quel palcoscenico così improvvisato sotto al quale nessuno applaudiva: un solo spettatore per giunta piuttosto stupito: “vuole provare l’altra misura ?”

Ma niente, io ero fermo, impietrito senza riuscire a tornare indietro a rifugiarmi nel piccolo antro da cui tutto era cominciato.

“Ci penso su un attimo”, e così sono riuscito a fuggire.

E invece ci sto ancora pensando.

 

Massimo

 

 

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