Jaisalmer, la collina del Maharaja

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Amrik è leggermente più sciolto e guidando ci spiega qualcosa di se e di alcuni aspetti altrimenti difficili da capire.
Lavora solo 6 mesi e principalmente con i turisti perché gli indiani, ci dice, sono scortesi e lo fanno aspettare dandogli orari che poi non rispettano: spesso finisce per aspettarli anche 3 ore.
Guadagna 3500 rupie al mese ( 50 euro circa) dai quali però deve sottrarre anche il costo delle guesthouse dove dorme quando è in giro con i turisti. Nei restanti mesi dell’anno fa l’agricoltore con sua moglie ed i suoi due figli : 9 mesi e 1 anno e mezzo.

La sabbia, giallissima, ha preso il posto del verde che ormai è relegato, nel paesaggio, a chiazze che sono prese d’assalto dalle capre. Queste qui, finalmente, trovano governo in una pastorizia essenziale ma praticata per sopravvivere.

Il viaggio dura comunque parecchio e rafforza la convinzione che senza navigatore gps (da verificare) sarebbe impossibile viaggiare visto che non ci sono cartelli e che spesso lo stesso Amrik è costretto a chiedere ai suoi colleghi che incontra lungo la strada.
Più o meno il tour del Rajasthan è questo per tutti e la testimonianza è che a volte incontriamo i pochissimi turisti occidentali più volte, in tappe differenti.
Ieri è stata la volta di una coppia di francesi sui 50 anni che ha girato praticamente tutta l’Asia.
Il nostro tour è però inverso rispetto agli altri: siamo partiti dai posti meno appariscenti per arrivare agli scorci da cartolina.
Tutto sommato il circuito delle città del Rajasthan va rovinandosi ma non possiamo ancora definirlo del tutto turistico, ne tanto meno rovinato dall’orrore del turismo organizzato, da costruzioni anacronistiche e non regolamentate che finirebbero per uccidere meravigliosi scorci paesaggistici e costruzioni ( vedi Thailandia).
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Più il tempo passa è più il turismo va rovinando le persone ed i posti del mondo. Li rovina con i suoi concetti di benessere e con le sue logiche commerciali di assoluto spreco.
Mentre la macchina silenziosa squarcia il deserto su una lingua sottile d’asfalto mi scorrono davanti gli ultimi viaggi, le ultime immagini catturate in questo viaggio: chiudo gli occhi cercando di prendere sonno ma mi assale l’ansia selvaggia di andare e fare, di vedere, capire ed incontrare.

Dobbiamo ancora vedere tanto, capire, soprattutto: il mondo così grande e la storia così intricata.
Noi tutti viaggiamo per lo più ripercorrendo tappe di un passato remoto, di civiltà e religioni distanti dal mondo di oggi. Visitiamo per lo più città e costruzioni di oltre un millennio da oggi.
Il segno è costante e chiarissimo: il mondo è diretto altrove, verso qualcosa che fa stare bene ma che tutto sommato non sembra ne “la risposta” ne una prospettiva.
Sono pochi i viaggi da fare nelle nuove vite, nelle nuove civiltà, nelle città adornate, ricostruite od organizzate dal 1900 in poi, comprese quelle distrutte dalle guerre e rimesse in piedi: non siamo più capaci di costruire, rispettare, adorare.

I giainisti hanno avuto 24 Guru: persone speciali ma in carne ed ossa, persone da adorare perché illuminate. Ho chiesto perché oggi non ce ne fossero di nuovi e si fosse fermati solo a 24. La risposta, riassunta, è chiusa nella mia riflessione assonata fatta qualche ora prima e riportata qui sopra.

Ci fermiamo in qualche locanda lungo la strada. Un bagno che puzza di naftalina, un magrissimo inserviente che staziona poggiato al muro di ingresso per poter vendere dei pezzi di carta igienica su richiesta, un negozio di statuette e vecchie guide turistiche in ogni lingua. Sono tutti più o meno così e vivono solo ad ogni sosta del turista di turno. Questi posti sono spenti e si accendo entrando: ventilatori e condizionatori accessi all’istante da un cenno del capo.
I più hanno anche un piccolo ristorante o bancone simil bar che serve tè e caffè da evitare causa acqua. Piuttosto interessanti invece i biscotti vari perché imbustati: l’importante è tenere d’occhio la data di confezionamento ( i prodotti non hanno la scadenza come in Italia).
Mentregiriamo per il negozio sorseggiando una limonata rigorosamente in bottiglia un topo ci attraversa la strada non stupendoci più di tanto…
Amrik ci assicura che lui si ferma solo in posti dove lui stesso mangia, posti che usano acqua minerale per cucinare…sarà ma….

Lungo la strada parliamo di religioni e gli chiedo di accompagnarmi, fra qualche giorno, in un tempio dedicato ad una motocicletta
: la leggenda narra che un uomo alla guida della sua motocicletta ebbe un incidente e che morì schiantandosi su un albero. Le persone accorse portarono via il corpo e la moto che però durante la notte, per ben due volte, tornò sul posto da sola girando attorno al luogo del decesso.
Amrik non conosceva il tempio ed ha riso forte quando gli ho raccontato tutto. Ho creduto che allora fosse, seppure indiano, di mentalità aperta e gli ho chiesto se credesse che le leggende delle divinità Hindu fossero vere oppure meno: si è fatto serio ed ha detto col suo solito inglese arrotolato: si, quelle sono vere e possibili.
Quando gli ho raccontato che siamo stati al tempio della sua religione, che abbiamo seguito le procedure dovute mangiando il loro cibo ecc ( vedi altro racconto), ha detto che sono un uomo dalla grande mente e che è stato felice di avermi incontrato. Ho rimarcato il concetto che per me Dio è uno solo e che le religioni sono solo un modo, differente per ognuno, per adorarlo.
Ondeggiava la testa per dire si e continuava a dire che sono un grande uomo: Manu che ha fatto le stesse ed identiche cose no, non lo è. Qui le donne sono al massimo rispettate: per considerarle la strada è lunga, purtroppo.
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Il nostro hotel è spettacolare e pare più un palazzo reale che un vero e proprio hotel. Assolutamente vuoto ( siamo praticamente da soli ) con saloni, muri decorati, cunicoli, piscina coperta a mò di terme con tanto di colonne ed acqua color terriccio, purtroppo.image

La collina del palazzo reale in questa città chiamata la città d’oro è differente dagli altri palazzi perché qui la residenza reale include abitazioni e negozi: oggi come allora. Una visita complicata per la quale la guida cartacea non basta. Non cediamo ai consigli di Amrik ed una guida che ci aveva presentato scegliendo di andare da soli, certi che, in caso di bisogno potremo trovarne altre sul posto.
Sarà così infatti e per sole 20 rupie passeggiamo con un gagliardo ragazzetto che parla un inglese misto a spagnolo: ci guida nel labirinto complicato dei templi Gianinisti ( da non perdere !!!) e, senza pressione, all’acquisto su nostra richiesta di alcuni oggetti: ci spiega che lui non lavora come guida ma come una sorta di imbonitore che fa star bene i turisti, che li difende da truffe eventuali ( si, qui ci sono) e da sguardi indiscreti e strusciatine: le turiste occidentali sono infatti guardate con occhi famelici e sgranati.
Il suo guadagno sta nel promuovere senza pressione i negozi economici e realmente facenti parte del complesso del forte: una cooperativa che si occupa di far lavorare orfani e vedove; un sedicente benefattore di cui dubiteremo per tutte le 4 ore di visita al forte e che si rivelerà invece assolutamente onesto e sincero.image

Senza le sue spiegazioni non avremmo capito bene che per entrare nel tempio Gianinista occorre, scalzi, salire con il piede destro sul drago ai piedi della porta di ingresso per poter scaricare le cattive azioni come l’aver calpestato formiche od altri animali: i giainisti infatti non uccidono nessun animale e sono vegetariani puri al punto da mangiare però solo le verdure pure,ossia quelle che crescono fuori dalla terra. Niente aglio, cipolle patate ecc

Entrando nel tempio va suonata una campana per svegliare il Dio che sta dormendo e chiedergli buona fortuna. Il tempio va girato in senso orario, da sinistra verso destra perché il rito della buona fortuna abbia effetto. Lungo le elaboratissime pareti di pietra lavorata a mano ci sono immagini Hindu da cui deriva questa religione, scene di kamasutra che venivano usate per insegnare ai nuovi sposi le procedure sessuali ed ovviamente statue dei 24 guru con le loro simbologie sulle quali non mi dilungo.

La giornata di ieri la abbiamo spesa cercando una escursione nel deserto e cercando di evitare che questa fosse eccessivamente turistica. In parte obiettivo centrato a parte un giretto sul cammello al quale ci siamo dovuti piegare per poter accedere alla cena nel piccolo resort e per poter assistere alla serata di musica e danze organizzata.
Non molti i soldi spesi ( circa 27 euro totali) : esperienza gradevole, musica particolare, danzatrice terribilmente brutta ma brava, mangiafuoco coreografico che credo morirà a breve: per il suo spettacolo usa infatti carburante DIESEL che ogni sera mette in bocca ecc. Ecc.

Nel resort abbiamo re-incontrato una turista grassa che crediamo tedesca e con la quale abbiamo parlato in inglese a Bikaner: viaggia da sola e siede, in auto, sul sedile davanti assieme al suo autista, cena con lui e sostanzialmente viaggia con lui ( che è amico di Amrik) . Fa strano, un viaggio così lungo e duro per una donna da sola: applausi assoluti per lei.
Fa tenerezza invece vedere che le due tappe dei due differenti tour coincidono e che Amrik ed il suo collega sorridono, si scambiano opinioni e fa riflettere come si sentano più a casa seppure lontani da questa stessa.
Un piccolo evento fortuito per loro che significa chiacchiere, allegria ed in qualche modo famiglia.

Domani andremo verso  Jodphur, città blu che leggiamo avere il forte più bello del Rajasthan.
Vi saluto e corro…al bagno: la cucina è ottima ma a volte capita che fra liquidi persi per il caldo ed alimenti non freschissimi il nostro povero stomaco stupidamente civilizzato non resista in pieno.
Pardon.

Massimo

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