Il pesce spada insonorizzato
Mag 24
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…E’ già (!?!?!) mattina in una Roma riscaldata da un sole che pare estivo..
Mi rigiro nel letto pensando ai biscotti della Manu, cioccolato e corn flakes.
Credo proprio che sia successo qualcosa, perché Marco non ha chiamato per svegliarmi. Su, coraggio, devo andare al lavoro, passare all’assicurazione, prima (la vespaaaaaaaa).
Un barlume di normalità mi sorprende mentre ciondolo e con uno sforzo di coraggio ed uno sguardo acuto ricordo….
Mi sento come fossi il protagonista del film Memento (guardatelo solo se siete veramente concentrati !), cerco appunto di ricordare chi sono, una serie di dove ed una serie di perché: elementi essenziali per iniziare la giornata.
Continuo a credere che Marco abbia qualche problema e continuo a preoccuparmi.
Ieri sera aspettavo la chiamata del coach quando sono tornato a casa.
Abbiamo parlato della partita , del futuro della squadra e del nostro, del fatto che i giocatori sono in forma più o meno come barbapapà: ieri sera per fare numero pari e giocare un po’ mi sono schierato in campo ed ho praticamente spadroneggiato; un chiaro segnale di declino generale in vista della prossima partita ?
Proseguo a pensare e mi rendo conto che la telefonata era circa alle 24.30 e che per non far squillare il telefono lo avevo messo in vibrazione visto l’orario.
Penso che lui, ovviamente, ha dimenticato di chiamarmi sul cellulare e che ha chiamato sul fisso innescando una serie di eventi che scoprirò devastanti; tutto ad iniziare dallo scatto felino per rispondere ed evitare lo squillare molesto, la logica conseguenza dello sbattere la testa sulla finestra,chinandomi per prendere il telefono, la successiva bestemmia.
E’ a quel punto che tutto prende forma e si fa chiaro come in una polaroid che hai finito di sventolare: la scena si ferma come in una classica soluzione di regia thriller .
Nel fermo immagine compaio io che, di sbieco, osservo il telefono.
9.55
Il telefono ha più luci di un albero di Natale pacchiano e segnala 5 messaggi e 15 chiamate perse.
Sgrano gli occhi, mi alzo, corro in bagno sbattendo ovunque, come fossi inseguito da oscure forze del male ; ne esco tumefatto e comincio a cercare di ricostruire le ultime ore come fossi un detective che da pezzetti di foglietti, messaggi, ricordi e ferite sul corpo indaga su un caso impossibile da risolvere.
Marco aveva quindi chiamato, più volte, e mandato sms.
Le altre chiamate erano di lavoro e facevano il paio con quelle sul cellulare di lavoro (appunto!).
Un appuntamento di lavoro mancato, un collega di Trento, di passaggio a Roma, mi cercava per colazione /pranzo, un numero non in rubrica (ed ancora non so chi fosse), il cugino idraulico, mia sorella (sms e telefonate) ed un’ansia infinita.
Corro allora, ma non prima di aver comunque preso un biscotto di cui dicevo sopra. Lo mangio parlando con Marco, mi vesto fra vivavoce, auricolare, le chiamate che comincio a fare per riprendere il filo logico di una vita ormai distrutta ed un lavaggio denti da cineteca.
Corro e corro, arrivo alla metro e mi infilo a razzo in un posteggio come se la piccola yaris fosse una pallottola sparata da un immensa pistola.
Il posteggio è lontano, diciamo più o meno sul lago di Garda, ed allora corro, fa caldo, continua a squillare il telefono…e decido che non serve a nulla, che è accanimento terapeutico. Ormai è tardi.
Tolgo la giacca, rispondo al telefono con voce impostata e ricomincio a vivere a ritmi e quote di una lentezza esasperante per una legge del contrappasso che non ha logica se non la mia.
La metro tranquillo, studiando la gente e la sua storia per trasformare poi tutto in mie storie, inventate;
la scala mobile gustando i freddo del vento che lì c’è sempre e la lotta con i venditori neri di libri fuori da Feltrinelli.
Ancora 300 metri e …il pesce spada si palesa all’orizzonte.
Fuori dal Ministero politiche agricole c’è un uomo con un cartellone raffigurante un immenso pesce spada, una protesta di 3 persone.
Cammino e risquilla il telefono, mi accosto vicino l’ingresso per rispondere accaldato e con la giacca che perde roba dalle tasche: mi aggrediscono a colpi di concetti di pesca, parlano di reti, pesca al pesce spada, nuovi leggi, l’Europa unita ed io continuo a pensare a Hemingway, al vecchio e il mare e riesco solo a concentrarmi sul fatto che Hemingway si suicidò e che il Marlin è leggermente diverso da pesce spada, anche se non ricordo per cosa poi.
Mi infilano un volantino in tasca mentre gli spiego che sono solo un comunissimo passante e che non lavoro lì.
Uno di loro grida: “Europa si, ma con dignità e rispetto” che poi è il titolo del volantino che ho in tasca e che leggerò poi.
Devo arrivare a stasera: assicurazione, poi ricambi moto, poi partita basket e se nel frattempo qualcuno di voi fosse la chiamata persa ormai ultima rimasta (numero di un centralino): ti prego, richiama, sto impazzendo !!!!!!
Massimo
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