Musica brutta
Gen 13
Basket: storie ed appunti di pallacanestro massimo soldini, pallacanestro, sconfitta, storie sotto canestro No Comments
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Quanto è brutta la musica suonata a folle volume mentre io sono lì che raccolgo le mie cose e la gente è festosa attorno.
gli altoparlanti gracchiano e le risa si uniscono a quei suoni distorti mentre tutto sempre scombussolato, mescolato. Quelle canzoni che tante volte mi sono sembrate belle, che ho cantato in macchina, felice, adesso mi sembrano così brutte e volgari mentre sono chinato a rassettare lo zaino, a ripulire per bene la mia lavagnetta.
Stringo le mani, saluto, faccio i complimenti di rito schivando i ragazzini che in genere poi invadono il campo, mi guardo attorno senza girare la testa, sorrido o strizzo l’occhio ai miei, guardo verso gli spalti: qualcosa a loro devo sempre e comunque e ci vado col sorriso, ringraziando, scusandomi come stasera, stringendo sempre la loro mano.
Non vorrei mai dimenticare nessuno, a parte me, in quei momenti. Davvero, sono mai state così brutte quelle canzoni?
Che fine hanno fatto i nostri intenti, le nostre tattiche, tutto il lavoro, i sacrifici delle settimane di allenamento, gli sforzi, le notti dormite poche ore, i piani allenamento scritti sul treno, i libri in inglese degli allenatori americani?
Mi assale violenta la scorsa settimana di lavoro, le cose da fare, arretrate a casa, piccolo rifugio, penso alle mie figlie e sorrido un po.
Adesso nulla ritorna, nessun ragionamento: schivo bambini festanti ed urlanti, do qualche pacca ai miei giocatori: qualcosa farò, ma non so ancora bene cosa. Stringo in ultimo ls mano agli arbitri, ringrazio come sempre e ritiro la mia copia del referto. Giallo fa schifo, lo so da sempre e penso che fu bello alla mia prima partita ottenerne, invece, uno rosa.
Penso al lavoro ch c’è da fare, che una serata come questa non ci voleva, che però ne ho superate tante, che capitano, ma non mi rincuora niente ed ho davanti solo l’autostrada per il ritorno a casa dalla lunga trasferta, le ore insonni a ragionare su che diavolo mai avrei potuto fare, poi il treno per tornare a casa, la mattina fredda in motorino verso la stazione. Ho davanti solo ore da solo, qualche canzone in cuffia e del lavoro che non saprò ancora bene come tirar fuori dagli appunti che ho già steso fra mente ed agenda.
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