Agosto: il coraggio di non fare, viaggiare.

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Patrick Leigh Fermor – tempo di regali

E’ agosto, è il tempo dei viaggio per gli Italiani.

Io lavoro, sono tornato dalla fresca ed organizzata Austria.

Penso che ho voglia di leggere, di scrivere, di ascoltare la musica, di ascoltare preghiere in musica, di quella canzoni con una formula complessa, quelle preghiere laiche tipo “ovunque proteggi“, di Capossela.

La bellezza e la complicazione di quei versi mi riporta indietro, mi riporta alla narrativa di viaggio, appunto, della quale tanto parla lui, sebbene non in quella canzone, la quale mi ha tanto formato, che mi ha spinto molto a fare, dire, leggere, andare.

Oh se trovassi il coraggio di cominciare qualcosa, qualcosa fra le cose che ho volutamente lasciato indietro. Sistemare le foto, crearne album, leggere decine di libri già comprati, scrivere qui, montare le mensole… Invece no, picchio sui tasti svogliatamente rimandando pezzi anche interessanti, già quasi del tutto scritti, idee che mi piacciono e fanno sentire bene ma che non mi sento di proseguire per un misto di accidia, pigrizia, insolente stanchezza. Riviste da leggere, niente, me ne starei sul letto ascoltando musica in penombra, fermo spendendo tempo senza far niente, fermo che permetterei solo alle bambine di svegliarmi con un bacio.

 

Mi fermo, è mattino presto a lo capisco dalla luce fra le serrande. Mi viene in mente Fermor, il libro “tempo di regali“, quel suo viaggio che non ricordo esattamente, a piedi, da ragazzo, di cui scrisse molti anni dietro. Era una Europa diversa da oggi, una avventura diversa dagli eccessi di possibilità di oggi, una Europa fatta di gente, ospitalità, campagne, l’Europa di un periodo fra 1933 e 34, in dicembre. A piedi dall’Olanda (nei pressi di Rotterdam) ed Istanbul, che però era Costantinopoli: un viaggio raccontato in 3 libri la cui prima parte, appunto è “tempo di regali”, la seconda “fra i boschi e l’acqua”, la terza, “la strada interrotta”.
A piedi, con le Odi di Orazio al seguito.

Avremo mai il coraggio di lasciare il materiale per avventurarci così, davvero, col bagaglio più leggero che mai? Il tema del viaggio mi logora ed appassiona, mi tormenta l’idea di passare le mie sensazioni sul tema, alle mie figlie. Vorrei instillare in loro il veleno della incurabile malattia del viaggio perché so essere invece l’antidoto migliore a tutte le altre patologie d’esistere.

 

 

 

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