Return to work (e due)

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La verità è che alla maggior parte delle persone il proprio lavoro non piace.

Non c’è bisogno di dare un nome ad una pseudo sindrome, di cercare consigli sul web, magari arrivando a questo blog, per capire come alleggerire il rientro a lavoro dalle ferie.

Sembra una vera e propria malattia degli ultimi anni, il return to work

Siamo costretti a lavorare per vivere: tutto qui. Quante sono le reali possibilità che una persona felicemente faccia il lavoro che gli piace? Siamo seri, basse, quasi nulle! Chi, anche potendo svolgere il lavoro che gli piace non vorrebbe fare di meno con lo stesso stipendio, magari delegando e controllando mentre guarda un film o sta in giro?

Ed allora cosa andate cercando su web “return to work”, consigli pratici su come essere felici e rientrare a lavoro.
Odiate tutti: va bene, dovete lavorare e spendere i soldi senza retorica consumistica né critica verso il consumismo stesso, come meglio preferite. Io per esempio vorrei essere solo un allenatore di pallacanestro ed invece sono costretto a fare anche un altro lavoro dal quale guadagno maggiormente di quanto guadagnerei allenando soltanto: pensate la rabbia, la sconfitta, la disillusione Ma è la vita, non cerco su google “come cambiare la propria vita“: ci sono mille motivi per i quali non cambio questa situazione, per i quali non posso cambiare questa situazione.

E vaffanculo a quelle notizie da idioti che raccontano  la storia di coraggiosi che abbandonano la loro vita qui per andare chissà dove su un isola oppure a curare i macachi, a fotografare le stelle, i monti, ad aprire una libreria alternativa in un posto sperduto. Sono bugie.

La verità è questa qui: lavoriamo perché dobbiamo, nessuno vorrebbe perché è stancante, serve farlo per avere i soldi e fare quello che preferisci.

Per cui, return to work: non c’è rimedio, ci torni, speri, lavori, giochi qualche lotteria, tutto qui. Non c’è cura, non c’è consiglio che tenga.

Semplicemente cambiate atteggiamento: non dovete cenare con i colleghi, essere amici, condividere.
Dovete lavorare ed anche bene, fare tanto, non perdere tempo. Lavorare forte nell’orario di lavoro e poi uscire, vivere, fare quello che volete con i soldi guadagnati e con chi volete, magari sparlando dei colleghi o dei clienti.

Basta stronzate su linkedIn di aziende felici che pensano al dipendente, benefattori, manager illuminati: ma li avete mai visti in giro? Si persegue il profitto, rispettando le persone, ma si persegue e si deve farlo: perseguire il profitto, guadagnare.

Return to work, si, per pagarmi il prossimo viaggio durante il quale non pensare al lavoro: eccolo l’atteggiamento giusto. Pedali in salita per raggiungere una vetta: pedalare non piace a nessuno, specie in salita: volete cercare su Google “appiattire la salita”, “consigli su come non faticare pedalando in salita“.

Andate a lavorare, bestemmiando, odiando tutti, come faccio io. Torniamo non al lavoro, ma a quote più normali, reali.

Uno dei post più letti di questo blog è un post di tanti anni fa dove raccontavo appunto, intitolando return to work, piccole e stupide disavventure. Ho scritto cose mille volte migliori ma voi avete cercato quella merda e l’avete anche letta. Io leggo le stringhe di ricerca su google, le parole che vi conducono qui: mi vergogno per voi.

Ma pagate le tasse, fatele pagare, fate emettere scontrino e fattura, specie a quegli stronzi che vengono in casa a far lavori, a pseudo artigiani che l’unica cosa che san fare a mano è evadere le tasse. Ma basta visite in nero, basta evasione. fate quello che è giusto, non quello che vi conviene. Allora si, tornare a lavoro sarà meno pesante per tutti.

Adesso vi saluto, torno a lavoro, è notte e sto mettendo su un altro sito web che non mi piace, per guadagnare e poter fare quello che mi piace: non cercherò su google “come fare a guadagnare senza lavorare”, ma magari come fare a lavorare.
Torno a lavoro, senza drammi né sindromi da guarire.

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