Verso Bagan
Set 10
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Oh, non si può fare un discorso che subito interviene e parla per almeno 15 minuti. Viaggia da solo e fra igiene personale e loggorrea non stendo a crederci. Viaggia usando una guida di anni fa e la confronta continuamente con la nostra, con quello che dico. Fa tutto da solo, domande, risposte, battute e risate. Mi chiede se sono toscano, così, per aver usato forse un’espressione che poi gli pareva simile al suo dialetto. La famigliola è invece toscana sul serio e visto che di dormire non se ne parla cominciamo a parlare e ne esce fuori uno show che non vivevo da tempo.
“dipende da che t’aspetti dal viaggio”, precisa, ma l’altro lo interrompe di continuo e lo accusa d’aver seguito i viaggi psichedelici e no di quegli anni, e di aver degradato l’Asia divenuta meta per il turismo di massa.
Parliamo allora di libri e di cinema ed il tipo cicciotto male assorbe le mie parole pur dicendo che si scherza con tutti, che i toscani stanno allo scherzo. Eppure quando straparla e si ride si sente messo in mezzo nonostante lui prenda continuamente in giro l’altro, l’altro toscano, e lo punzecchi con l’accusa d’essere radical chic.
E mi parla dei pappagalli di Ostia Antica, cosa che lui va dicendo essere rinomata e che gli spiego invece essere nota solo nelle zone circostanti ai parchi a Roma, in città, proprio per la gente che va rilasciando animali esotici che poi squilibrano flora e fauna del posto; gli parlo poi dei controlli aeroportuali in Australia, ma lui parla sopra, interrompe, cambia discorso non capendo quel che voglio dire rispetto ai semi che paiono banali e che magari stanno sopra o nel pane e che invece possono creare disfunzioni alla flora.
“Dai, non è male questo servizio, sono umani: fanno anche pisciare”. Ci delizia con questa uscita fermi al piccolo autogrill per la sosta.
Gli parlo dell’India che va scomparendo, che si chiude su stessa, che si suicida per la plastica e lui riattacca il tipo seduto dietro per via degli hippy che in certi anni andavano li far chissà cosa, ad occidentalizzare.
Il cicciotto vuole passare il confine con Laos e Thailandia ma non sa come fare: gli dico che l’ho fatto anni fa e che quindi non c’è problema oggi che il Myanmar (Che però noi continuiamo a chiamare Birmania), è più aperto. Ma lui fa cento domande ancora, daccapo.
Poco dopo ci rivela che spera di vedere le donne giraffa visto che le legge sempre sulla Settimana Enigmistica, sezione “forse non tutti sanno che”; si riparte con discussioni filosofiche sul senso del viaggio, sulla veridicità di certe tribù ad oggi, di certi usi. Io taccio sennò mi tocca dirgli di quando le viti in Thailandia su al nord e si capiva che erano situazioni artefatte e rimasi deluso mentre attorniato dai bambini distribuivo cibo e caramelle come si vede in certi spot delle ong in Africa.
Fuori dai finestrini corre la campagna verdissima e povera, naturale e vera, che prescinde dalla storia, dalle riflessioni, dalla politica e dalla frontiere. Solo pioggia, riso se va bene, qualche ortaggio un po’ scottato dal sole e grossi cappelli di paglia e bambù, gente scalza, villaggi che mi piacerebbe indagare e capire, bambini che giocano buttandosi nella fanghiglia dell’acqua convogliata nella risaia.
Lavori stradali: i cinesi stanno colonizzando qui; comprano il paese per due soldi in pratica e la giunta militare che fintamente ha ceduto il passo al governo vero e proprio, democratico, glielo lascia fare. Ora i cinesi ricchi costruiscono ponti e strade, il paese ne beneficia arrivando ad essere fra quelli che abbiamo visitato nell’aera, quello partito dopo ma più servito. Quale prezzo pagherà questo paese in termini di tradizioni, cultura e natura?
Ma che cazzo dite, penso fra me e me mentre cerco di aiutarli a trovare un compromesso per il taxi? Alla fine vi stiamo aiutando, state qui a fare i sapientoni: li punisco abbinandoli a dei francesi che condivideranno con loro il pulmino per new Bagan, una sorta di ghetto turistico, scopriremo poi (ma sospettavamo già).
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