Lo Zen e l’arte di riparare apparecchi soffiandoci su

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soffiare sui contatti (gioco Nintendo)

Oggi serve pazienza: è venerdì, sono stanco, la connessione di rete va e viene, il lavoro si arretra e la radio dice che arriverà l’ennesimo ciclone a sconvolgere un clima che di suo è già sconclusionato.
A Roma s’è alzato un vento fastidioso come un bambino e l’aria è fresca solo se ti slacci il giubbino perché poi appena ritiri su la zip allora ti cuoce il sole e ricominci daccapo.
Qui accanto i colleghi staccano e riattaccano il cavo di rete convinti che questo sia risolutivo.
Mi fanno venire in mente quei tipi che quando qualcosa di elettronico non funziona soffiano sui contatti e poi riprovano con una spocchia sicura come se in passato avessero in effetti riscontrato dei miglioramenti.

Ecco, credo che abbiano frequentato la stessa scuola di elettronica di mio padre che quando la tv riceveva male si alzava con calma serafica e gli dava dei colpi a mano aperta confidando forse nell’effetto caos oppure in qualche contatto che stimolato con gentilezza potesse tornare al suo posto.
Non gli ho mai chiesto se davvero pensasse fosse utile o se lo facesse per rabbia ma ho sempre sperato che la tv facesse quelle bizze per potermi godere la scena.
Era favoloso quando poi funzionava e lo vedevo tornare a sedersi soddisfatto come avesse risolto la fame nel mondo.

Schiaffi alla tv, aria soffiata mista sputacchi su telecomandi e similari, ecco la ricetta pratica.
Meglio ancora, più poetico, profetico e mistico quando qualche motore stentava a partire. Ne ho viste di moto, taglia erba, Vespe e motorini ma di nessuno ho mai più sospettato avesse un’anima ed una personalità come sospettai negli anni in cui ci trafficavo con mio padre.
Lui alternava creative bestemmie e colpi di meccanica empirica, ragionando non per logica ma quanto per visto e sentito dire, quanto per similitudine con motori visti riparare, magari appartenenti ad un paio di decenni prima.
Fece ripartire il mio primo Garelli ragionando su quanto aveva fatto sulla sua Moto Guzzi Alce V di quando era in servizio di leva.
Ma il top della gamma era quando poi si calmava e mi diceva semplicemente:“daje ce provamo domani”.
Ed il più delle volte, non so ancora bene perché, questo funzionava finendo quindi per convincermi che i motori, ma più in particolare i mezzi a due ruote, avessero un anima, il diritto a dover riposare, un po’ come noi altri umani insomma.

Ammetto: tempo fa adottai la stessa tecnica con la mia Vespa che poi infatti ripartì regolare il giorno dopo.
C’aveva ragione papà.
Come i Sigari toscani che pure se compri lo stesso tipo son sempre diversi, come le persone col loro umore, anche la Vespa va a giorni e non è sempre la stessa: certe volte c’ha come i cazzi suoi e non vuole partire.
Poi si calma come mio padre dopo le bestemmie.

E riparte.

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