Apr 18
MassimoRacconti binario, binario 3, bruma, fieno, massimo soldini, odore di campagna, racconti di pendolari, rifugiarsi, stazione, treno
Questo post è stato letto 859 volte!
Stamattina nel tunnel della piccola stazione si era rifugiato un odore chiaro di campagna, come di fieno rimasto umido dalla notte.
Svegliandoci il fresco del mattino mi ha costretto a comprendere quella voglia di rifugio e riservatezza che solo certe mattine, come questa, sanno regalare.
Quell’odore ha deciso di seguire quel bisogno recondito di rifugio e lo ha fatto nascondendosi li, riparato e confortato dal tepore del tunnel.
Ecco, io sono scombussolato da attese interminabili, problemi complicati dal tempo, dall’affanno della voglia di risolvere.
Al binario tre ognuno è nascosto dentro una giacca che più tardi toglierà perché accaldato, più tardi però, quando il sole si sarà deciso ad iniziare sul serio la sua giornata di lavoro.
Per ora, invece, ci sono soltanto silenzio ed una bruma che a vederla da lontano, dalle ultime curve della strada, m’era già parsa violacea, colorata un po’ sbavata, tanto da far sembrare il cielo svogliato.
È così, adesso ho capito, è così che mi sento stamattina, come quando un mal di pancia improvviso mi confermava che non era un buon giorno per infilarmi in una classe a studiare e che la voce dei professori mi sarebbe sembrata distorta e lontana per via di tutt’altri pensieri.
Qualche sera fa a ero confuso da non riuscire ad abbozzare piccoli calcoli, la mattina dopo ero silenzioso per speranza, scaramanzia e rispetto: la colpa è un grande sogno di un piccolo “accadimento” per il quale poi, ho scoperto, mi tocca ancora aspettare, sperare.
Aprile quest’anno pare avere mille giorni e più impegni, sembra essere infinito e denso, determinante.
Oggi c’è il mio clown, una parte da recitare a lavoro e poi giù al campo, una partita, i miei giocatori; una giornata da far scorrere su di un binario che purtroppo o per fortuna è già noto; così seppure lontano dal letto dove riposerei posso nascondermi un po, aspettare, rallentare, ascoltare qualche tromba jazz un po’ malinconica e pensarci su, a tutto quanto, lento e consapevole.
Così c’è oggi, che non rinnego né odio, ma che non è domani e soprattutto non è dopo domani, che invece aspetto, appunto rifugiandomi, nascondendomi qui dentro al tunnel della piccola stazione.
Aspettare, devo aspettare.
Questo post è stato letto 859 volte!