Scirocco
Nov 05
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Ieri la sera m’è caduta in testa come un libro mal riposto nello scaffale.
La prima sera, qui a Roma, pare un quadro dipinto di fretta, leggermente sfocato; si può vedere facilmente la scia rossastra che lasciano le luci delle auto che si affettano sulle strade.
E soffia a strattoni un vento sconclusionato, caldo e fastidioso: mi agita. Mi sono ricordato che in Volver, film di Almodovar, dove c’è un personaggio che afferma che il vento faccia impazzire le persone. Forse è vero, spettina i pensieri, compresi i miei.
Non è un caso, ho cominciato a pensare, che almeno qui a Roma si dica “sciroccato”, per indicare un matto. “Sciroccato”, da scirocco, il vento caldo che viene dal sud est, un vento che infastidisce, che da noia e pare annoiato, un vento che non so come, come il mare, innervosisce.
Un vento che mi fa pensare alla sabbia, alla Sicilia, poi più giù, ai deserti, ai grandi viaggi e dal sapore dello spazio così grande da confonderti la linea dell’orizzonte. I deserti, come quello del Thar, per esempio, lì in India del nord.
Sto progettando un viaggio. Piccino, breve.
Eppure così lontano, così denso.
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