Roma spagnola

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Roma

Ci sono notti che sembrano infinite e perfette. Io ne ho vissute parecchie e mi sento fortunato.

Roma è un teatro perfetto per quelle notti. Edu e Reme sono arrivati qui a Roma. Li conobbi all’aeroporto di Varanasi dopo un volo in perenne ritardo da Delhi.
Incrociammo sguardi consapevoli aspettando che il volo partisse, nelle ore infinite in sala d’attesa dopo la partenza più volte rimandata: fu un po’ come capire d’istinto che eravamo viaggiatori simili.
Ci conoscemmo dividendo il taxi verso lo stesso albergo che il caso ci aveva prenotato: in inglese, poi scoprendo fossimo italiani, in italiano, visto gli studi di Edu. Dividemmo i giorni a Varanasi, esperienza bellissima raccontata qui sul blog.

Ora Edu e Reme sono due amici e durante l’anno riusciamo a sentirci e parlare via internet o whatsapp. Così faccio loro da Cicerone serale e poi notturno.
Colosseo, Circo Massimo, Teatro Marcello, piazza del Campidoglio, Piazza Venezia, poi fin su al fontanone del Gianicolo.

Con loro ci sono Braulio ed Ana, altra coppia di loro amici ora anche miei: parlando lentamente ognuno parla la propria lingua e riusciamo a capirci. Quando qualcosa va storto risolviamo in inglese e la notte scorre lenta e serena, bella come ne ricordavo poche.

E ci sono sorrisi, discorsi e foto di notte: notti condite da pasta e pizza nelle trattoria più nascoste, quelle delle quali ormai mi reputo esperto e custode. Pizza, pasta e ricordi di viaggio.
Stanotte li porterò a ficcare lo sguardo nel buco della serratura dalla quale si vede la cupola di San Pietro: “segreti” da romani, piccoli spettacoli saporiti che sulle guide trovano poco spazio. Un po’ come ieri, a via Piccolomini, dove a causa dell’effetto ottico, se ti avvicini guardando la cupola di San Pietro si allontana e se ti allontani lei s’avvicina. E questo no, sulle guide non c’è, ne sono certo.
Hanno riso tanto e sono stati felici del tour serale: Braulio è un esperto di storia e su via dei fori imperiali si è sfogato, alla colonna Traiana si è quasi commosso parlandoci per minuti e minuti dei dettagli scolpiti.
Tutto in una notte, mezza Roma in una notte: e loro preoccupati perché il giorno dopo avrei dovuto lavorare; ma di notte si vive meglio, sopratutto a Roma e così abbiamo lasciato che le ore corressero fino a che sbadiglio di Braulio non ci separasse.
Stanco morto dal camminare e parlare si risvegliava solo parlando con me di musica, di Jazz e Miles Davis. Lui suona il basso ma è appassionato di musica: trovando terreno fertile in me ci siamo raccontati tanti aneddoti di musicisti vari, storie di jazzisti neri tipo Cannonbal Adderley, le storie di droga nel jazz e nel rock ed  aneddoti di questo o l’altro album: tutto sotto gli occhi stupiti di Edu, tutto in un mix italiano, spagnolo ed inglese interrotto solo dalle olive ascolane trangugiate con passione.

Ora anche Reme è più spigliata e rispetto a quando eravamo in India parla qualche parola di italiano ed è più tranquilla, non sente più il bisogno di guardare o ricorrere ad Edu per interagire.
“… forse la felicità è mangiare semi di girasole sul divano, guardando un film. Come lo dici tu in Italiano?” “Io lo chiamo amore”.
E lei ha capito e sorriso consapevole che tutto il nostro discorso,  a monte, era corretto e compreso da entrambi.

 

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