Il raccolto
Lug 04
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Ciao Sophie,
questa è una notte da tremare.
Fa freddo, abbiamo quasi finito di sistemare tutto e la stagione del raccolto va finendo, mi pare, più velocemente di quanto non abbia fatto qualche anno fa.
Certe volte sonnecchio qui nel fienile da dove ti scrivo ora: fra l’odore di grano tagliato, anche se polveroso, riposo sereno, ricordando, sentendomi soddisfatto. Che fine ha fato la mia vita di computer , giacca e cravatta? I miei primi passi qui, nell’agricoltura disperata e frettolosa dei pochi mesi sfruttabili, sono andati più che bene e sembro aver fatto questo da sempre.
Mi capita però di aiutare le persone per cui lavoro: piccoli lavori al pc, capita di creare qualche piccolo sito internet e di risvegliare quindi abilità che credevo perse: tutto questo non fa che confondere la gente qui. A volte credono io sappia fare di tutto: un bel complimento, non credi? Ed io glielo lascio credere, soddisfatto ed un po’ spocchioso.
Guardano incuriositi i miei modi a volte primordiali, sorridono per la mia soddisfazione semplice, per un sonno qui dentro, per una serata di parole un po’ impacciate per via della lingua.
I finlandesi sono gente semplice ed ospitale, te li dipingerei simili ai nostri umbri o marchigiani. Adesso lavorano tagliando legno: sono organizzatissimi sul tema e sfruttano quello che la natura offre, ma rispettandola sul serio. Usano quello che basta, costruiscono, rinnovano, si scaldano ma non sprecano.
La maggior parte degli altri lavoratori stagionali sta via via lasciando i piccoli paesi. Molti sono studenti, altri delusi che hanno perso il loro lavoro, altrove.
Io non so ancora dove andrò, credo di scendere in treno, in Germania, ma non so quanto anche lì l’inverno possa offrirmi nuove opportunità. Di certo, vissuto qui l’inverno sarebbe più bello ma più severo: i paesaggi si scoloriscono e la gente si chiude in casa peggio che mai; è una terra piuttosto ostile, sopratutto più a nord e quando la stagione del giorno di 24 ore va finendo mi pare di leggere sul viso della gente la preoccupazione per il periodo della notte lunga.
Eppure è come fosse indispensabile, attraente: una stagione di poco, di famiglie e lavoro al chiuso, di freddo e neve, di cose da mettere via e progetti da rimandare.
Certe volte penso che anche gli uccelli e gli animali cerchino di fermarsi qui il meno possibile. I laghi fanno silenzio da far fischiare le orecchie, già adesso. Non andrei via, ma non ho altro da fare e lavorare mi serve per andare ancora, fermarmi poi.
Oggi, infreddolito e col naso colante, ho ripensato a quella volta, al telefono, quando ti raccontai del mio viaggio in Malesia, del mare e del caldo ossessivo. Ripensavo alla tua voce argentina che sorrideva senza interrompermi. Non ti sento ne ti leggo da mesi: continuo a scriverti sperando poi tu voglia leggere e sapere di me: in qualche modo questo mi aiuta a calmarmi, a riordinare le idee. Bevo meno, molto meno, anche se certe volte mi sembra un’inutile successo, un miglioramento che non importa sul serio nemmeno a me stesso.
La Germania è vicina a casa Italia, così scendendo più a sud raggiungerò quello che ti direi un mio perielio: in qualche modo non riesco ad avvicinarmi di più, almeno per ora.
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