Sulla strada del Monsone
Set 04
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Siamo sulla tracce del Monsone.
Lungo una stretta strada attorcigliata alle montagne che fanno da confine fra gli stati del Tamil Nadu e del Kerala, abbiamo raggiunto Munnar.
1500 metri sopra il livello del mare, in alcuni punti strade mal messe, tornanti e curve cieche dalle quali si esce con la prima marcia e con sonori colpi di clacson: non sono rare le curve dove occorre fare manovra incrociando camion.
5 ore di viaggio intervallate da una sosta dove stavolta, con un po’ di impaccio di entrambe le parti, abbiamo mangiato con Simpson.
Si è scusato, usando le mani per mangiare: ha parlato poco nella penombra del piccolo ristorante a bordo strada e con delicatezza si è alzato per andare al bagno precisando in lingua Tamil, al cameriere, che avrebbe pagato il suo conto.
Così il gesto di comunione è andato a vuoto ma l’esperienza è stata buona per aver allargato l’orizzonte dei discorsi rendendoli in qualche modo più familiari.
Gli odori cambiano velocemente con il clima ed il paesaggio: riconosco il profumo dei viaggi nel sud est asiatico, fra agosto e settembre.
Riconosco la forza del monsone nei torrenti gonfi, nel muschio sugli alberi, nelle strade mal messe: incontriamo rami spezzati, vistosi rivoli che scivolano sulla strada approssimativa, qualche piccola frana di terra rossa ed un umidità che prima che nelle ossa si fa sentire nel naso, fin su, sopra al cervello.
Siamo sulle tracce del monsone ed è come se fossimo noi a cercarlo e non lui a sbarrarci la strada.
Mi sento felice, sto bene, annuso forte l’aria che dal finestrino socchiuso si intrufola in auto.
Non importa se i giorni a venire saranno in parte rovinati a causa della pioggia: era che già messa in preventivo e questa è l’Asia, questa è India, questo è il Monsone.
Viaggiarci attraveso, camminarci sotto è un’esperienza che le parole riescono poco a colorare: come scrivere la grandezza e la violenza delle gocce improvvise, la quantità d’acqua che il cielo vomita a terra? Come spiegare quanto velocemente e seriemente il cielo possa chiudersi e sorprendervi, quanto faccia rumore, cadendo, quella pioggia ?
Ho conosciuto il Monsone in Thailandia, l’ho incontrato di nuovo in Melesia: viaggiarci attraverso anche stavolta è, in un modo complicato e “pericoloso”, il senso stesso del viaggio, e così no, non riesco ad odiarlo.
Ero stufo d’aspettarlo come fosse un esame temuto, come un destino già scritto: tanto vale andargli incontro, diretti, e così eccoci a Munnar, montagna, fra piantagioni di the e spezie.
Il posto offre poco se non le escursioni di trekking ( simili a quelle fatte in Malesia, nelle Cameron Highlands) , gite in barca e camminate (hiking quindi) fra le verdissime montagne coltivate a the: il che, credetemi, poco non è affatto.
Oggi c’è stato uno sciopero in tutto lo stato: le persone protestano contro il caro benzina e contro il governo incapace di frenare la caduta della moneta precipatata nel cambio verso euro, dollaro e sterlina.
Così oggi nessuno si muove , tutti i veicoli sono fermi ed i pochi decisi a muoversi sono ripresi duramente dai partecipanti. Uno sciopero che ferma quasi tutte le attività compresi i tuk-tuk che fanno da taxi ed il servizio lavanderia del nostro hotel: fermi qui due giorni speravamo di sistemare lo zaino lavando almeno le maglie.
Più che le provviste di biscotti, invece, non abbiamo potuto ripristinare.
Così Munnar è più isolata e silenziosa e l’India senza traffico ne clacson pare perfino migliore. A dire il vero qui i mezzi sono pochi e le persone molto più calme e silenziose.
Giornata libera per Simpson, il nostro autista, che veste quindi una tuta invece dei suoi fidi jeans e della camicia bianca.
Abbiamo speso la giornata a cammminare fra le colline ed a combattere con un sole ora caldissimo, ora anemico: pioggia violenta e poi calma piatta.
Sfocati fantasmi popolano le colline ordinate dalle piante del the: uomini e donne, scalzi e sotto la pioggia, pazienti, raccolgono le foglie del the riempiendo i loro zaini di nylon.
Fa freddo e dietro la macchina fotografica osservo sfocati dalla gocce di pioggia gli operai del the che si aprono una strada fra le verdissime piante. Salgono su impossibili salite come fossero su scale mobili anziché sui nudi piedi.
Il quadro dacanti agli occhi è fatto da una rumorosa scuola in fondo alla valle, circondata da cespugli squadrati di intenso verde the, piccole nuove cascate rinnovate dalla fortissima pioggia: minuti lentisimi durante i quali passeggiare noncuranti della pioggia, ficcando lo sguardo fra le nebbia leggera che scende fra i pochi alberi per capire cosa ci aspetterà fra un ora o due.
Domani scenderemo verso le back-waters, zone navigabili ed interne, più a valle. Scenderemo verso il caldo lasciando la montagna ma pur sempre viaggiano attraverso il Monsone e le sue piogge.
Fumando la sigaretta della buonanotte respiro forte l’ umidità della nebbia, quasi ri- abbracciando il Monsone: lo so che sembra strano…ma ci sono piogge così forti da rubarti giorni di vacanza, così forti da riuscire a bloccarti , a volte a scuoterti e spettinarti i pensieri.
Ci sono piogge sotto le quali, camminando, riesci a sorriridere soddisfatto.
P.s.
Consiglio ai neofiti dello zaino: ricordate di “rubare” in albergo eventuali fiammiferi, un paio di buste del servizio lavanderia, una penna, le bustine di zucchero e di caffè solubile che spesso vengono fornite assieme al bollitore: tutto vi tornerà utile, sopratutto se rimarrete bloccati da contrattempi monsonici in hotel mooooolto meno dotati e confortevoli dei precedenti o, peggio ancora, in zone isolate dove si può mangiare solo nelle bettole a bordo strada…
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